Tilt

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Sono in tilt.

Tutto intorno a me è cambiato. Ogni cosa.

Ma è soltanto una questione di prospettive. Sono io a vedere la realtà per la prima volta.

La vita mi ha messo davanti a una strada e io l'ho percorsa senza sapere se sarebbe stata a senso unico.

Adesso non posso più tornare indietro. Non posso più non sapere.

Sono davvero scosso. Non so di quanto tempo avrò bisogno per elaborare questa botta di Filippo.

Devo ancora rendermi conto di cosa sono io.

Ma poi perché COSA sono? Non sono mica un oggetto multiforme che deve scegliere una sagoma in cui esibirsi. Sono una persona, con le sue... preferenze(?).

E' così? Alex è una preferenza? I suoi occhi di fuoco e mare sono una preferenza? Le sue mani sulla mia faccia e sul mio petto, che mi toccano, sono una preferenza? I suoi capelli fitti fra le mie dita. La sua pelle sotto la t-shirt che non ho ancora mai nemmeno sfiorato, ma ci penso, ci penso, ci penso continuamente. Alex è una preferenza? No.

Alex è un'urgenza. E' un'assoluta necessità che non sapevo di avere.

No, basta, non voglio più torturarmi, non voglio provare più niente. Voglio stare sotto questa coperta, a scrivere. Per sempre. Senza dover andare là fuori.

E non voglio scrivere niente su Filippo. Non voglio mettere, nero su bianco, questa mia percezione.

Una percezione? Ma davvero? Non ti è bastato sentirlo piangere in quel modo?

Me lo sento ancora in testa il suo pianto disperato, un pianto senza soluzione, senza via di scampo.

Quello che mi devasta, non è sapere cosa e quanto provi per me, di cui non so niente in fondo, ma vedere che gli provoca quella sofferenza che ho visto. Non riesco a sopportarlo.

E' come se mi avessero tarato gli occhi per vedere un'altra realtà.

Il rosso non è più rosso, l'albero non è più un albero, io non sono più io.

E Fili non è più Fili.

Come ha potuto nascondermi questa cosa?

E tutte le sue frecciatine sui gay.

Erano quindi un depistaggio, una copertura? Oppure erano un modo per farmi esprimere, per capire cosa pensassi? Forse le due cose insieme.

Gli ripetevo, ieri, che niente avrebbe cambiato la nostra amicizia. Ma era proprio quella la parola che lo torturava. Ora lo capisco. L'amicizia è una prigione in cui ha vissuto in questi ultimi tempi. Ma da quanto tempo? Ci conosciamo da sempre. Nel senso vero della parola. Come cazzo ho fatto a non accorgermi? Come?

E come faremo a guardarci di nuovo in faccia.

Io non posso perdere anche Filippo.

Io non posso perdere Filippo.

Troveremo un modo.

Sì, ci vorrà solo tempo.

Ma quanto tempo? Giorni, mesi? Una vita?

Non lo so.

Ora sto bene qui, sotto la coperta, con la torcia del cellulare a scrivere fitto.

Sto veramente di merda.

GabbianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora