Chiamarsi per nome

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E' vero, non ci siamo ancora mai chiamati per nome, io e te.

Né ti ho ancora detto perché anch'io sono un gabbiano.

Non ti ho chiesto chi c'era dietro l'obiettivo delle mie foto preferite.

Né come si chiama il tuo gatto.

E non ti ho detto che sì, a te ci tengo.


Da ieri cammino sopra un precipizio: ho paura che Milano ti porti via da me, che tu possa andare via all'improvviso, così come venuto.

Il pensiero di non poterti più vedere, mi stritola dentro.

Devo capire al più presto se si tratta di una eventualità, prima ancora di capire se è stato Giò a scattare quelle foto. O sapere perché lui può prendersi la libertà di baciarti.


A volte me lo immagino, di baciarti.

Ok, spesso. Spesso immagino di baciarti.

Tra me e me, non esiste nessuna complicazione del caso.

Rimando in scena la serata di ieri, nella mia testa, ancora e ancora, e quando mi chiedi con voce tenera "E tu?", io non resto impietrito dalla paura di ammettere la verità a voce alta.

Io ti guardo e ti dico: "Sì, anch'io ci tengo a te."

E poi ti stringo contro di me e ti bacio.

Come in un film.

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