Spegnere la luna

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Seguo Alex nel pallone dove la squadra è nel pieno dell'allenamento.

Filippo è seduto con Luca. E' piegato in avanti con i gomiti sulle ginocchia. Si volta verso di noi, poi si gira di nuovo verso il campo. E' palesemente teso e ci tiene d'occhio.

Tiro Alex per il giaccone, cercando di restare più indietro rispetto alla tribuna.

«Senti, ma non puoi girarmi la foto adesso?»

Voglio togliermi il dente e morire subito, piuttosto che agonizzare fino a stasera.

Alex mi guarda e sorride con imbarazzo.

«No, non voglio essere con te quando la vedrai.»

Wow, rassicurante.

Ci avviciniamo al bordo del campo, lasciando le tribune alle nostre spalle insieme agli occhi di Filippo.

Infilo le mani in tasca, mentre osservo i giocatori sputare sangue sulle ripetute.

Il pensiero della foto mi attanaglia e non riesco a pensare ad altro.

«L'hai scattata prima che ci conoscessimo?»

«Sì, perché?»

«Voglio dire: ora che ci conosciamo, la imposteresti di nuovo così?»

«Sì, certo. Magari preferirei scegliere te, invece che Ian. Ma non potrei farlo, purtroppo, perché tu non poseresti mai con me, in quel modo.»

Lo fisso, davvero colpito e ferito per questa uscita. E' una frase che stana a tradimento la mia codardia, per la quale mi sento già in colpa. Così come prima, quando mi sono guardato in giro dopo averlo baciato.

Mando giù l'amarezza mentre avverto lo sguardo di Filippo con la coda dell'occhio puntato sulla mia schiena come un fucile.

Alex mi sbircia e si rende conto che sono dispiaciuto, ma è un gabbiano fino in fondo:

«Non ti immaginare chissà cosa. Non è una foto così scandalosa, altrimenti non l'avrebbero mai ammessa. Ma se vuoi nascondere la tua sessualità al mondo, che è un tuo diritto ed è comprensibile, non riusciresti mai a posare con me, come ha fatto Ian. Questo intendo.»

E' la pura verità e non l'ha detto con cattiveria, ma comunque l'ha detto.

Mi coglie impreparato e mi brucia parecchio sentirmelo dire da lui. Mi infastidisce il modo in cui mi sento sminuito nei confronti di Ian. Non lo trovo giusto.

Non sono arrabbiato, ma vengo abbattuto da una profonda e disperata tristezza.

Di punto in bianco, me ne vado.

Lo lascio sul bordo del campo. Non saluto né guardo nessuno. Esco dal pallone e filo dritto verso il parco.

La porta si apre, dietro di me, ma non ho voglia di vedere chi è.

«Cri!» mi chiama Alex.

Sollevo la mano, senza voltarmi.

«Lasciami stare» dico, continuando a camminare.

Mi sento solo e fuori luogo, fuori contesto, fuori tutto.

Quando arrivo al primo anello della pineta, avverto alcune voci concitate fuori dal pallone. Spero non sia arrivato Kevin. Ma sai cosa? Non me ne frega niente, stasera.

Voglio stare al buio. Potessi, spegnerei pure la luna.

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