Doppia coppia

151 16 2
                                    

«La vera festa era qui, allora!» esclama Edo, davanti a noi, di nuovo alterato e su di giri. Che cazzo si sarà sniffato?

Io e Filippo sobbalziamo, seduti sul lettino, coi biglietti ancora in mano.

Mi metto in piedi per fingere un'indifferenza inutile con Edo, è troppo scaltro. Ho il cuore in agitazione perché la sua presenza mi fa tornare di colpo alla realtà. Guardo Filippo e capisco dalla sua faccia che ha il mio stesso umore scuro. Mi lancia uno sguardo in tralice e sentiamo già la brutta sensazione di doverci distaccare e nascondere.

Edo mi squadra con disinvoltura. Non ho considerato che sono in boxer.

«Wow, Jannik, l'ho saputo tardi che eravate in piscina!»

Con la mano aperta e la testa piegata di lato, accarezza la mia decorazione fluo, anche se più che altro, lo avverto accarezzarmi la spalla e il petto.

«Posso disegnarti ancora? Sono bravo.»

Mi scosto senza sembrare sgradevole e non c'è nemmeno bisogno di capire l'espressione che deve avere Filippo.

«Il punto interrogativo è il tuo marchio di fabbrica?» ride e fa sbattere le mani l'una contro l'altra in modo rumoroso. «Allora! Sono in missione per conto della sorellina.»

Il mondo fuori diventa di nuovo tangibile e mi assale l'angoscia. Devo recuperare il cellulare per leggere i messaggi che avrò ricevuto.

«Vi aggiorno» dice iniziando a togliersi la giacca. «Il ragazzo in smoking bianco è andato via col tipo grosso, che stasera si è immolato per la causa e non ha bevuto. E ha portato via le vostre amiche.»

Alex se ne è andato, e non l'ho nemmeno salutato. Mi prende una stretta allo stomaco.

«E come stava il ragazzo in smoking bianco?» chiedo.

«Era strafatto. Quindi direi bene.»

Mi porto le mani alla testa.

Edo mi si avvicina all'orecchio. «Ormai è fatta, Jannik! Puoi pensarci soltanto domani» e mi dà un bacio a stampo, sulla guancia.

«Ma che cazzo fai?» chiede Filippo, prendendolo per una spalla e trascinandolo indietro.

«Niente» risponde placidamente Edo sfilandosi la camicia, senza nemmeno slacciarsela tutta. Gli vedo il tatuaggio per intero. E sì, è un drago cinese che serpeggia tra la schiena, il fianco e l'addome. Edo nota che lo osservo perché a lui non sfugge niente. Ma neanche a Filippo. «Invece il tipo riccio che era in pinseria, insieme allo spilungone, si sono fatti venire a prendere da non so chi. Sono andati via cinque minuti fa. Vi hanno mandato un messaggio, ma ho capito che volevano lasciarvi stare. I piccioncini hanno fatto pace?»

Io e Filippo ci guardiamo un po' preoccupati. Edo si sfila scarpe e pantaloni e per fortuna resta in boxer. Temevo il peggio.

«Leo invece, ha bevuto ininterrottamente da quando siete entrati qui, e non lo mando di sicuro in giro in quello stato, può lamentarsi quanto vuole,  lo sequestro in casa. Tanto per lui sono un despota da anni, quindi non fa differenza. E' piantonato e non scappa. Ergo, si fermerà qui da me. Per voi due, invece, dobbiamo trovare un'altra soluzione.» Mi prende per mano, trascinandomi con decisione verso la piscina, mi spinge in acqua con una manata forte e poi si butta di piedi, con le braccia aperte, stile Cristo del Corcovado.

Filippo ci segue a ruota, zoppicando troppo. Deve prendere qualcosa per quel ginocchio.

«Cazzo, dovevate chiamarmi, stronzetti!» urla Edo, affondando. Riemerge strusciandosi dietro di me e baciandomi il collo. Mi scosto di scatto. «Invece vi siete imboscati qui, zitti zitti» dice afferrandomi per i capelli e spingendomi sott'acqua. Riaffioro, mentre vedo Filippo fargli lo stesso trattamento, ma con un intento sicuramente meno giocoso. Se potesse, lo affogherebbe volentieri.

GabbianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora