Lunedì

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Mi risveglio elettrico. Impensabile per un lunedì. Ma ho deciso di aspettare Alex all'uscita della scuola, oggi, dato che finisce un'ora dopo di me, e questa cosa mi tiene su di giri.

Qualche dubbio mi assilla, a dire il vero, perché non so se Alex sia un tipo da sorprese. Io non lo sono per niente. La vita mi ha già abbastanza sorpreso di suo.

Ma ho davvero voglia di vederlo. Anche fosse solo da lontano. Cazzo, sto diventando uno stalker. Avrò una brillante carriera da psicopatico.

Le ore a scuola rallentano fino a tornare indietro nel tempo, non so come sia possibile. Dopo almeno mezzora, sono passati sì e no due minuti. Mi sembra di ammattire.

Esco che sono un flipper. Saluto tutti e corro via, come dalla fine del mondo.

Il liceo di Alex dista solo venti minuti a piedi dal mio. Ma cammino svelto lo stesso, devo smaltire l'elettricità.

Sono divorato dall'impazienza, ma mi rendo conto che Alex potrebbe pure non esserci. Visto l'orario di rientro di stanotte.

Mi posiziono fuori dalla scuola, seduto sul muretto che costeggia il marciapiede. Da qui non dovrei perderlo nella fiumana di studenti che usciranno. Cerco un eventuale Capitan Fra in moto, ma non lo vedo.

Al suono della campanella, sento una colata di brividi e inizio a sudare freddo.

Dopo dieci minuti, escono i primi gruppi. E poi eccolo, Alex, lo vedo! Cammina lento, per conto suo, con gli occhiali da sole. Mi sa che dorme in piedi. E' in jeans e giubbetto di pelle. Adoro il modo in cui cammina. Non ha niente a che fare con la delicatezza dei lineamenti. E' armonioso, eppure arrogante. Di chi basta a se stesso.

Non so se riuscirà a vedermi. Viene dalla mia parte, insieme alla carovana che va alla fermata del bus.

Resto seduto e assisto alla sfilata rumorosa davanti a me.

Appena Alex mi passa davanti, lo tiro verso di me per la manica. Mi sembra di essere a una pesca. Lui si volta, in modo passivo, e mi vede. Solleva le lenti. Noto i suoi occhi pieni di sonno, forse più grigi che azzurri, oggi, e la bocca che si apre in un sorriso.

«Ciao» mi saluta, stupito. Ok, le sorprese gli piacciono.

Scendo dal muretto e freno l'istinto di abbracciarlo. Ma per fortuna, gli altri ragazzi ci passano vicino come treni, spintonandoci, e ci ritroviamo addosso. Gli metto un braccio attorno alla vita, sotto il giubbetto di pelle, in modo volutamente intimo, e lo spingo con il mio peso poco più in là, per toglierci dal flusso. Poi, mi allontano.

«Temevo non venissi, oggi, visto l'orario di stanotte.»

«Ero tentato...» dice infilando di nuovo gli occhiali da sole, intimidito dal contatto con me. Mi sento il cuore di burro. Adoro metterlo in imbarazzo. Sono un po' stronzo.

«Torni con l'autobus, di solito?» chiedo.

Alex, si sistema lo zaino sulla spalla, impacciato. «Sì. Oppure viene Fra qualche volta.»

«Tu in pratica stai ancora dormendo.»

«Si.» Ride.

«Se sei stanco, possiamo prendere l'autobus insieme. Tanto è la stessa linea.»

«No, tranquillo, è una vita che dormo in piedi.» Sorride.

Gli guardo la bocca e poi cerco di distrarmi.

«Facciamo un giro al parco qui sopra? C'è anche un bar. Magari mangiamo qualcosa» propone.

«Ok.»

Ci incamminiamo verso il parco, in silenzio. Mi piace averlo accanto. Anche senza dirci niente. Percepisco la realtà in modo diverso, vicino a lui. Tutto diventa un mondo alieno. Non ci sono, piante, ossigeno o direzioni. Esiste solo la geografia ipnotica del suo corpo che cammina.

GabbianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora