A domani

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Quando torno a casa, mi butto sul letto e avverto Filippo con un messaggio, perché mi ha scritto già due volte e chiamato ripetutamente. Era in pensiero da quando sono uscito da villa Morelli.

Mi risponde subito.

"Mi hai fatto preoccupare, stronzo!"

"Scusa, avevo il silenzioso."

Vedo che inizia a scrivermi, ma poi mi arriva la sua telefonata.

«Ciao...» rispondo.

«Ciao, faccio prima così.»

Le nostre voci sono le stesse di sempre, ma hanno una sfumatura diversa, più dolce.

«Come sei tornato a casa?» mi chiede.

«Ho chiamato mio zio.»

«Ma... Giorgio!?»

«Sì.»

«Ma cazzo, Cri! Potevi chiamare tua madre, o un taxi!»

«Mamma sta facendo ancora riabilitazione. Non riesce per i lunghi tratti.»

Lo sento sbuffare, teso. So già che vuole sapere di Edo.

«Allora mi spieghi cosa è successo con Morelli?»

«Ero nervoso, gli ho messo le mani addosso in modo brusco.»

«Ok, ma volevo sapere cosa è successo in camera, stanotte» insiste.

«Niente.»

«Niente? Allora che voleva dire con quella frase... tipo che si è goduto gli eventi

«Era solo una battuta delle sue.»

«Non si è goduto niente?» è nervoso.

«No.»

Esita. Abbassa la voce di un tono.

«Mi dici la verità?»

«Fili... sì.»

Lo immagino ancora nel letto, come stamattina, e sono invaso da un senso di mancanza che mi stritola il respiro. Vorrei averlo vicino, anche senza dirci niente, sentirlo fisicamente qui. E bastarci, finalmente.

«Quando ci vediamo?» mi dice, con delicatezza, come se mi leggesse nel pensiero. Risponderei adesso, subito, corri da me, ti prego. Lo vorrei davvero tanto.

«Prima sistemiamo le cose con Alex e con Leo. Perché non mi piace quello che stiamo facendo. Mi sento in colpa.»

Lo avverto muoversi parecchio. Sta cambiando posizione. Forse ha bisogno di concentrazione.

«Pure io. Ma mi serve tempo con Leo.»

Non riesco a quantificare questo tempo, ma non posso mettergli pressione dopo che l'origine dei nostri casini è nata dalla mia incapacità di capire me stesso.

«Fili, io sarò onesto con Alex. Non gli dirò quello che è successo tra noi. Ma sui sentimenti non gli posso mentire. Non se lo merita. Gli voglio troppo bene.»

«Ok. Però non me lo dire. Non mi piace.»

«Disse quello che si è svegliato fra le braccia di Valerio» faccio della blanda polemica. Lui sembra sul punto di rispondere, ma poi non dice niente.

«Come sta il ginocchio?»

«Attaccato alla gamba.» Ok, gli fa male. Poi cambia tono. «Ma la schiena sta molto meglio, dopo il trattamento di stamattina.»

Mi ritrovo a sorridere come uno scemo. Ripenso al nostro momento, ai suoi brividi. Parlarne mi piace eppure mi crea un leggero imbarazzo.

«Invece per la storia del locale che volete aprire?»

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