Lasciarsi

157 16 6
                                    


Uscendo dalla camera, butto uno sguardo in cucina e vedo Kevin seduto al tavolo a mangiare i pochi pancake già cotti. Luca invece è appoggiato ai fornelli e mi fissa allibito e confuso perché di sicuro ha sentito più o meno tutto.

Non sono nemmeno a disagio, perché la mia priorità assoluta, adesso, è contenere Filippo.

Non me ne frega niente di quello che pensano e di quello che ascoltano.

La fretta di Filippo di volersi liberare di me, mi fa davvero male. Non posso accettare la sua volontà di dare un taglio alla nostra amicizia e di voler interrompere tutto in questo modo. Sono sicuro che esiste un'altra soluzione, non so quale, ma una soluzione in cui possiamo viverci come abbiamo sempre fatto, trovando un diverso equilibrio, e cercandola insieme, non divisi.

Lo so come è fatto Filippo: determinato, definitivo e testardo nelle sue scelte.

E vederlo così deciso a buttarmi via, quando sento che la sua assenza per me sarebbe inconcepibile, mi ferisce e mi manda nel panico.

Un malessere vorticoso mi brucia dentro e sento le lacrime che premono dentro la testa.

Come può averlo pensato davvero?

Filippo va verso il divano e prende al volo il giaccone, lo infila veloce.

«Aspetta» dico non sapendo nemmeno io cosa fare.

«Non tiriamola per le lunghe, dai» dice aprendo la porta, ma io la richiudo.

«Ma non ho voce in capitolo? Io non sono d'accordo. Perché devi essere così drastico?»

Filippo si gira, combattivo, con gli occhi decisi, ma quando vede il mio stato, cambia di colpo atteggiamento e tentenna restando in silenzio.

«La tua non è una soluzione, Fili. E' una punizione. Per tutti e due.»

So che vorrebbe aggrapparsi alla durezza per tenersi fermo sulle sue scelte e che gli sto complicando le cose, ma è proprio quello che voglio fare con tutto me stesso.

«Dai, stasera resta e parliamo un po'.»

Gli salgono le lacrime agli occhi.

«Cri, alla fine arriveremo sempre al dunque.»

Sento Luca che chiude piano la porta della cucina, per lasciarci un po' di privacy. Lo apprezzo.

Filippo solleva il cappuccio della felpa e fa di nuovo per uscire.

«Dai, Cri, basta» dice con dolcezza e la voce che gli trema. «Adesso lasciami andare.» Poi mi rivolge lo sguardo più disperato che potrò mai guardare. Un'onda calda mi allaga il cuore e sento le lacrime pungermi negli occhi.

«No» rispondo, secco, e lo abbraccio.

Filippo è stremato, stavolta, e fa solo finta di resistere.

«Perché mi fai questo?» riesce a dire, prima di abbandonarsi all'abbraccio e d'iniziare a singhiozzare.

Lo stringo perché mi rendo conto quanto sia impossibile per me lasciarlo andare via. Basta, non mi frega un cazzo di dover dare un nome a quello che provo.

Il legame che abbiamo è qualcosa di totalmente nostro e non c'è bisogno di chiamarlo in nessun modo.

Quando si calma un po', si allontana subito da me, si asciuga la faccia con la manica.

Mi guarda senza nascondersi più, adesso.

«Mi serve un po' di tempo» dice.

Poi si avvicina, con gli occhi dorati da una luce totalmente nuova. M'infila una mano dietro la nuca. Io non mi muovo. Sento le sue dita premere sul collo senza voler imporre niente. Mi dà un bacio, rapido ma dolce. La pressione delle sue labbra che tremano per l'emozione resta sulla mia bocca e mi sento in difficoltà perché non ho l'istinto di ricambiare.

Ma so che lui non vuole questo. Vuole solo darmi un bacio d'addio.

Prima di togliere la mano dalla nuca e di allontanarsi, resta con le labbra vicino alle mie.

«Ciao, Cri» dice, facendomi arrivare tutta la voglia che ha di me. E nel mio abissale imbarazzo, mi rendo conto che non resto per niente indifferente.

Il mio corpo reagisce e vorrebbe lasciarsi andare in atteggiamenti che la mia mente respinge in modo categorico.

Filippo esce di casa come un'ombra, mentre sto ancora cercando di capire cosa è appena successo.

GabbianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora