L'ultimo quarto di luna

153 20 14
                                    

In ascensore, sono in difficoltà. Alex mantiene la distanza fisica e non dice niente, mi guarda in modo insistente, mentre è avviluppato a parecchi suoi pensieri, aspettando di arrivare al piano.

Utilizziamo questo tempo per assestarci, per prepararci al confronto di qualsiasi tipo sarà. Io non lo capisco, ancora. Ma ho paura di me stesso, adesso.

Ne approfitto per leggere il messaggio di Elisa che è arrivato mezzora fa.

"Cri. Siamo partiti da poco. Alex ha chiesto a Fra di fermare la macchina. E' voluto scendere a tutti i costi. Per me viene da te."

Trovo il coraggio di leggere anche i messaggi di Filippo. Anche se lo faccio trattenendo il respiro, col cuore rovinato.

"Cri, quando torno stanotte, posso venire da te? Sarà tardissimo, ma voglio spiegarti. Non è cambiato niente. Ok?" + "Non voglio che viaggi con la testa. Perché ti conosco, ti sarai fatto mille paranoie. Voglio solo stare con te. Ti prego, Cri." + "E lo so che lo hai fatto apposta, perché eri incazzato con me, ma non lo fare più. Che ti piacciono i ricci di Betta, e pure quelli Arianna, me lo avevi detto l'anno scorso. E so pure che te lo ricordi perfettamente. Per questo sei doppiamente stronzo. Io non sto con Leo per ripicca."

Eppure mi sento tradito. Nella fiducia.

Quando entriamo in casa, accendo le luci.

«Ma non c'è tua madre» dice Alex, sorpreso.

«No, mi ha scritto che è andata al cinema, torna tra poco» mento. Non sarà qui prima di un'ora.

Alex si sfila il giaccone e la sciarpa, si muove circospetto. Io mi impegno a non osservarlo troppo, perché la sua vicinanza la sento.

«Giulio ti ha fatto male?» chiede, come se i calci me li avesse dati lui.

«Poteva andare peggio.»

«Mi dispiace» dice, sincero, avvicinandosi. Faccio un passo indietro verso la cucina, per allontanarmi da lui.

«Non ho alcolici in casa, vuoi una coca?» Lui scuote la testa. Cerco di alleggerire la mia tensione. «Io ho voglia di trasgressione: tè e biscotti. Mi fai compagnia?» Alex mi segue. «Quando sei andato via con lui, ho avuto paura, però» ammetto.

«Con me è stato carino. Cioè, per i suoi canoni. Ha continuato a dirmi che ero un idiota a piangere per una testa di cazzo come te. Aveva ragione, no?» Quindi è qui per infierire? «Ma ha voluto scortarmi fino a casa.»

A sorpresa, non sono geloso, anzi sono sollevato. Perché mi piace saperlo al sicuro.

Metto sul fuoco un pentolino, prendo le tazze, lo zucchero, i biscotti, due tovagliette pulite. Non lo guardo.

Quando finisco, aspettando che l'acqua sia pronta, resto in piedi dando le spalle ai fornelli. Alex è appoggiato alla parete opposta. E' bello in modo assurdo quando mi scruta così. Ma lascio gli occhi sul tavolo, in mezzo a noi.

«Mamma mi ha detto che non sei stato a scuola, in questi giorni» dico.

«No, non mi andava di stare in mezzo alla gente. E nemmeno di vedere tua madre» risponde. Non ha un tono triste. Forse è un po' freddo, ma non distaccato. Non lo so, faccio difficoltà a decifrarlo. Cosa vuole, esattamente?

«Non mi guardi?» pretende.

Sposto gli occhi su di lui, che mi arpiona, come al solito. Lo sa che in questo modo può esercitare il suo potere su di me. Lui conosce tutte le sue armi e ogni mio punto debole.

Preparo il tè e ci mettiamo seduti.

«Ci vuoi il limone?» chiedo, alzandomi di nuovo.

«Sei matto?»

GabbianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora