E se...

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Mi sembra d'essere in un gioco diabolico, di quelli che si vedono nei film, nei quali devi azzeccare la sequenza esatta dei passi per non essere risucchiato dalla voragine.

Ecco, vorrei conoscere il percorso giusto da fare per non far soffrire nessuno. Me incluso. Ma sembra impossibile.

Ho paura d'essere etichettato e di far soffrire Filippo. Paura di non riuscire a nascondere quanto mi piace Alex, agli altri.

Quando lui è vicino a me, sono in uno stato d'alterazione tale che perdo il contatto con il senso del limite e non riesco a filtrare le mie reazioni.

Tutto, di me, mi tradisce: lo sguardo, i movimenti, il tono della voce.

E stasera, temo che Filippo mi abbia visto baciare Alex. Ne sono quasi sicuro. Il solo pensiero mi tortura.

Sento ancora in testa il suo pianto massacrante. Ho il terrore di perderlo.

"Ciao, ti mando la foto adesso? Oppure te la mando domani mattina e ti rovini solo il sabato? + emoji che ride" mi scrive Alex, verso l'una di notte.

Vedi, Rugo, non c'è mai limite al peggio.

"Mandala adesso. Ma sai già che mi girerà il cazzo e che non avrò voglia di scriverti fino a domani." 

"Ok".

"Aspetta che mi siedo" scherzo con lui, in realtà sono già sotto le coperte.

"Te la mando. Notte."

"Notte."

Ecco, ci siamo. Sento il cuore accelerare.

Apro la foto sapendo che sarà la mia tortura per i giorni a venire. La guardo.

E no, non ce la posso fare.

Stringo gli occhi e combatto contro l'impulso di lanciare il cellulare contro il muro.

E' una foto in bianco e nero. Sono entrambi in piedi. Alex è in primo piano, a mezzobusto, in jeans e camicia bianca aperta. Ian è dietro di lui, a torso nudo che spicca con la pelle scura rispetto a quella diafana di Alex e gli sta baciando il collo, con parte dei capelli lunghi neri, che scivolano su di lui.

Ian, nella foto, non si cura per niente dell'obiettivo. Ha gli occhi chiusi. Una mano si perde sotto la camicia di Alex, l'altra invece è posizionata troppo in basso. La punta delle dita affusolate sono appena infilate nell'elastico dei boxer di Alex, visibili oltre il primo bottone slacciato dei jeans. L'inizio di un gesto che mi auguro sia rimasto incompiuto, a fine scatto, ma ci credo poco.

Il protagonista della foto è lo sguardo magnetico, meraviglioso, ipnotico di Alex che sfida l'obiettivo con un silenzioso e potente vaffanculo a tutti.

Sì, è uno scatto rappresentativo. Anch'io mi identifico in quel vaffanculo. Io e, credo, tanti altri.

Ma le mani di Ian sono corrosive. Quelle cazzo di mani che si muovono sul corpo di Alex sono un'onda di lava che mi brucia dappertutto.

Inizio a massaggiarmi fronte e sopracciglia con la speranza di calmarmi.

Ian aveva ragione: Alex mi farà morire, sono troppo sentimentale per uno come lui.

So che non posso permettere alla gelosia di riprogrammarmi, anche se sento una voragine scavarmi dentro. E' un cane che mi sbrana da vivo. Eppure mi violento e scrivo almeno la verità:

"E' una foto davvero ben riuscita. Il tuo sguardo è perfetto, mi ci riconosco. Sei davvero bravo, Alex."

"Grazie + emoji cuore rosso + emoji cuore rosso + emoji cuore rosso".

Mi castro e non aggiungo altro, nessuna domanda. Inutile logorarmi con verità evidenti fra lui e Ian. Così come fra lui e Gio e chissà chi altri.

Mando in onda nel mio cervello almeno dieci epiloghi diversi di cosa è successo dopo lo scatto e non dormo più.

So di piacere ad Alex. Percepisco l'elettricità esagerata che ci attrae l'uno verso l'altro. E' stato così dalla prima volta che ci siamo visti. La sua sensualità mi manda in tilt. Eppure lo sento sfuggente, impossibile da trattenere e sentirlo un po' mio.

Alex è destinato al palcoscenico del mondo, mentre io sono qui, nascosto, un recidivo e persistente abitante del dietro le quinte. Afflitto e fuori posto.

Avrei bisogno di Filippo, adesso, per rotolarci insieme nelle cazzate e per ridere di niente come solo noi sappiamo fare.

Prima di sapere tutto quello che so, lo avrei scritto con leggerezza. Ora mi spaventa un po' ammettere che avrei voglia di uno dei suoi abbracci rigeneranti.

Filippo è sempre stato la mia base.

Rendermi conto, ora, di avere un disperato bisogno della sua presenza e della sua fisicità, mi mette a disagio con me stesso. E' sempre stato così, ma in questo momento mi faccio mille domande scomode e forse necessarie.

Aver paura di perderlo mi mette davanti a una realtà che devo considerare.

Ho sempre chiamato "amicizia" il nostro rapporto. Ma se la parte tenera che c'era fra noi fosse dipesa dai suoi sentimenti nei miei riguardi? Se quello che si è creato negli ultimi tempi, dopo la morte di papà, la trama profonda della nostra relazione avesse in parte una sostanza diversa dall'amicizia, senza che io me ne fossi mai reso conto?

Io ho un legame profondo con lui, e quale sia il nome che gli voglio dare, io non posso perdere Filippo.

GabbianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora