J.Livingston

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Ci sediamo nel punto che scopre la mezzaluna del porto illuminato e il mare scuro, dove non arriva la chiazza di luce del lampione.

«Quindi quanta febbre hai?» il tono è da palese presa per il culo.

«Non l'ho misurata.»

Si sentono le voci che provengono dal Centro, a cento metri da noi.

«Sono contento che sei venuto» dice, incrociando la gambe, con tono basso, creando subito un certo tipo di intimità. E' bravo a mettermi l'ansia.

Indossa solo un maglione chiaro col collo alto. Credo sappia bene cosa infilarsi per fare esplodere il suo fascino. Non seppellisce se stesso dentro una felpa, come faccio io.

Alex non si nasconde. Si esibisce.

Quando solleva lo sguardo su di me, butto subito gli occhi verso il panorama, ma si è accorto che lo stavo fissando, tipo in estasi. Credo riesca a leggermi perfino meglio di me stesso. Ne sa più lui, di me.

«Lo hai detto agli altri che venivi qui?»

Uso "altri", ma sappiamo bene che mi riferisco a Capitan Fra.

«Ma no, tranquillo!»

Scoppia a ridere. E lo guardo, non mi frega. Lo guardo mentre ride. Lo guardo bene. Dio quanto mi piace. Non lo so se mi piacciono i ragazzi, ma lui sì, lui mi fa impazzire. E sì, lo vorrei pure baciare, lo vorrei stringere, lo vorrei divorare.

Alex credo veda tutto.

«Hai paura che ti sorprendano con me?» chiede.

La domanda ha troppe sfumature dentro.

«Ho scritto che stavo male. Se mi beccano con te faccio una figura di merda.»

Voglio che capisca solo questo.

Ma è pur vero che non sono per niente pronto per tutto il resto.

E non ho ben chiaro a cosa si riferisse Alex.

«Infatti resto dieci minuti, non di più» aggiungo.

«Cavolo, allora devo sbrigarmi. Perché Rugo_50 passi

Rido io, stavolta.

«Eh, no. Se ti ricordi bene, sono stato io il primo a chiedere. E la domanda era: perché J. Livingston?»

E quando mi volto a guardarlo, adesso, è lui a distogliere lo sguardo. Ed è imbarazzato. Ma da cosa? Da me? Davvero lo imbarazzo?

«La risposta è facile e anche banale. Perché mi chiamo Alex Gabbiani» parla senza guardarmi troppo, strappando qualche filo d'erba. «E' un cognome che ha avuto un grande fascino su di me. Sin da piccolo. Li ho studiati, osservati, disegnati, li ho fotografati. Naturalmente ho letto Il gabbiano Jonathan Livingston. E da lì, ho adottato nick e nome d'autore. Ma il gabbiano va oltre la mia identità.» Smette di strappare l'erba e si fa quasi triste. Di nuovo spine e fuoco negli occhi. «E' uno stile di vita. I gabbiani sono liberi, possono vivere in stormo, ma anche in solitaria. E non lasciarti ingannare dal piumaggio o dall'eleganza. I gabbiani sono aggressivi, onnivori, trovano sempre il modo di cavarsela.»

Lui ancora non lo sa, ma ci apparteniamo, in qualche modo.

«Quindi sei un gabbiano o lo vuoi essere?» chiedo.

Ci pensa un attimo. Mi guarda.

«Beh, lo sono meno di quanto vorrei, ma lo sono.»

«Allora era destino che mi incontrassi» dico, misterioso.

Aspetta che io continui.

«Sono anch'io un gabbiano» sorrido, alludendo a un segreto.

«Cioè?»

«Eh, no, te lo dico la prossima volta.»

Poi mi alzo.

«Nooo, mi lasci così? Ma sei un bastardo.»

Ride alzandosi e mi dà una spinta giocosa che quasi mi fa cadere dal gradone. Lui mi prende subito al volo e io mi aggrappo a lui. Per un attimo restiamo quasi abbracciati. Lo sento esile contro di me. Respiro il suo profumo e, cazzo, lui se ne accorge.  Ho paura che senta il mio cuore che mi rimbalza da tutte le parti.

Alex non si divincola, né si allontana.

Vorrei stringerlo contro di me, lo vorrei con tutto me stesso, ma penso al ragazzo piova e a Capitan Fra. Mi allontano piano.

Ora lo so dove voglio tornare il prima possibile.

«Ma mi vuoi morto?» scherzo, per alleggerire la tensione.

«Scusa, non mi sono regolato» sorride, ma anche lui non è indifferente, l'ho percepito.

E adesso come lo saluto? Con un ciao, con un abbraccio, come?

Restiamo impalati.

«Torni al Centro?» chiedo.

«Sì.»

«Allora ti conviene tagliare giù di qui. Ma occhio che si scivola.»

«Ok, allora ciao» e infila le mani in tasca, atteggiamento che rende tutto più facile.

Io sollevo la mano, lo guardo senza nascondere niente. E credo che forse lo facciamo così, abbracciarci, con quello sguardo. Prendiamo due direzioni opposte.

Arrivato alla fine della discesa del bar, sento la voce lontana, ma distinta, di Capitan Fra.

«Ma dove cazzo eri finito?»

Mi nascondo come un ladro, nel panico, in mezzo alla siepe, e sono sicuro di essermi fatto un bel taglio sulla fronte.

«Ho fatto un giro al parco, stavo tornando» risponde Alex.

«Con chi?»

Capitan Fra è insistente e incazzato. Ma allora stanno insieme? Sento il cuore a mille.

«Con nessuno.»

«Eri con Giò?» continua. «Se ti becco con quel pezzo di merda, giuro che stavolta gli metto le mani addosso.»

Cos'è? Uno scatto di gelosia?

In effetti mi trova d'accordo, perché ho conosciuto Giò, che ha messo mani e bocca su di Alex. Ma non è che Alex lo abbia poi respinto con chissà quanta enfasi. Cioè, è chiaro che qualcosa c'è o c'è stato, tra loro.

«Lascia stare, ci penso io a Giò. E' innocuo. Insiste solo per lo shooting di Parigi. Gli ho già detto no mille volte.»

«Allora con chi eri. Lo so che non eri solo.»

Sento solo la voce indistinta di Alex che dice:

«Senti Fra, hai rotto il cazzo.»

Poi non li avverto più.

Forse sento dire Rugo, da uno dei due, ma credo sia solo paranoia.

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