Il tutto non ha misure

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Mi asciugo i capelli e sistemo le coperte al volo, perché immagino che Edo dovrà passare a letto il resto della notte con quelle due.

Sono decisamente intorpidito, ma più lucido di prima e cammino pure dritto. Ok, perlomeno mi pare. Scendo al piano del locale e imbocco il corridoio. Trovo Filippo che mi sta aspettando, appoggiato con la schiena alla porta che fa accedere alla sala. Valerio deve essere già dentro. Appena mi vede, si rimette bene in piedi. Mi piace che sia qui e che si preoccupi per me. E' stronzo pensarlo?

«Come stai?» mi chiede, studiando la mia faccia. Cazzo però, è un pezzo di ghiaccio.

«Meglio» mi avvicino a lui e nel momento in cui fa per abbassare la maniglia, lo blocco prendendogli l'altra mano. «Grazie» dico.

Lui sfila la mano, non lo fa in modo brusco, ma è chiaro che vuole evitare qualsiasi tipo di intimità.

«Andiamo» dice, risoluto, aprendo la porta, facendoci inondare dalla musica che mi assale fin dentro le ossa. Mi sento subito fuori posto. Valerio ci viene incontro. Cerco Edo con lo sguardo e lo intravedo in mezzo alla pista, in un sensuale sandwich con le tipe.

«L'ho avvertito, dice di lasciare la chiave al barman» parla forte Valerio.

Così faccio, e do un ultimo sguardo a Edo che non mi si fila. La mia parte sobria m'impone di lasciare Edo Morelli al suo psichedelico mondo di sensi ed eccessi, e di tornare al mio fatto di paranoie, scazzi e incertezze. E infatti, mi sa che sto facendo una cazzata. Ma poi guardo Filippo, davanti a me. Fisso il piccolo quadrifoglio tatuato sulla sua nuca, a sinistra. L'ha fatto sei mesi fa, ero con lui. E' così ipnotico. Perché non gliel'ho mai baciato? O non gliel'ho mai morso, per esempio? Come è possibile? E' possibile perché ero sobrio. Ok, Rugo, basta, lascia stare i quadrifogli e segui il piano originario.

Cerco di applicarmi e mi dirigo verso l'uscita con Filippo e Valerio, ma poi mi sento prendere per una mano e strattonare forte. Edo mi fa rimbalzare su di sé e mi stringe, in un abbraccio zuppo di sudore e calore, che dovrebbe disgustarmi e invece no, mi piace subito. Con lui è tutto così: crudo, fisico e leggero.

«Jannik! Dove vai?» è piuttosto alterato.

Filippo mi sta guardando. Devo starci con la testa.

«Vado a casa, grazie per la serata.»

Lui scoppia a ridere, forse perché mi vede in imbarazzo.

«Mi fai morire, Cenerentola!» Mi stringe il collo e mi porta in disparte, all'orecchio mi urla: «Il tuo principino è venuto a salvarti, stasera, ma la prossima volta ti terrò tutto per me, nel mio castello nero nero» vaneggia.

«Sì, va bene, adesso vado» rispondo, senza inflessioni di nessun genere. Mi trattiene la testa e mi dà un bacio sulla bocca.

«Ciao Jannik» mi lascia andare, facendomi la linguaccia e torna a ballare. Noto di nuovo il suo piercing e vorrei sotterrarmi. Filippo mi avrà visto, in pista? Non riesco più a collocare il prima e il dopo, e ricordo solo un incastro di ritmo e sensi.

Torno sul quadrifoglio e lo seguo fino all'uscita dove l'aria fredda mi dà una sferzata. Cazzo, ci voleva! Mi gira la testa e le orecchie mi pulsano forte di musica, ma è tutta un'altra cosa.

Entriamo nella macchina di Valerio, io siedo dietro. Facciamo la strada senza dire niente. Arriviamo fin sotto casa.

«Ce la fai da solo?» chiede Filippo.

«Sì, ormai sì. Grazie per il passaggio, Leo» dico. Perché Valerio si è comportato in modo esemplare, con me.

«Per te sono Cuore di panna» scherza.

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