Capitolo XXXIII

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Alla fine Kyle mi porta un vecchio pigiama di Catherine che mi va un po' stretto sul seno, ma che per il resto va bene.

I miei genitori hanno sul serio acconsentito di lasciarmi dormire qui, ritenendo che in questo modo non morirò in un incidente d'auto. Forse d'auto no, ma morirò lo stesso, uccisa da Kyle.

«Ecco qua.» Catherine finisce di sistemare il piumone nella camera degli ospiti. È la prima volta che rimango a dormire qui, ma non è la prima volta che ci entro: da piccoli io, Kyle ed i gemelli giocavamo a nascondino per tutta la casa, per cui ho imparato e visto ogni singola stanza.

«Grazie.» Le sorrido, tenendo in mano i vestiti che indossavo oggi. Tra l'altro, da quando ci siamo accorti che nevicava, si é raffreddata l'aria di colpo. Non vedo l'ora di rannicchiarmi sotto le coperte.

«Di niente, tesoro.» Catherine mi schiocca un bacio sulla guancia e ci diamo la buonanotte. Ho salutato Michael prima, mentre stavo andando in bagno, mentre non ho intenzione di salutare Kyle. Che soffocasse pure nel sonno.

Spengo la lampada e mi infilo sotto le coperte, portandole fin sotto al mento. Non si sente un rumore, eccetto per il fuoco del camino che scoppietta ancora e il mio respiro, che forma delle nuvolette quando esce dalla mia bocca.

Chiudo gli occhi e cerco di addormentarmi, ma, nel momento in cui sento il sonno prendere il sopravvento, qualcuno spalanca la porta e accende la luce.

Apro gli occhi e non sono sorpresa di vedere Kyle. «Perché cazzo hai detto ai miei di Charlotte?»

Brontolo qualcosa e mi giro dall'altro lato del letto, portando il cuscino sopra la testa.
Kyle me lo leva e ripete la domanda.

Alzo la testa e lo sguardo verso di lui, rendendomi conto già dagli occhi che è incazzato nero.

Ma anche io lo sono con lui. Faccio un respiro profondo. «Senti, mi ha dato fastidio che dici quelle cose su Omar. Probabilmente è stato con altre, ma non lo so io, figurati tu. Lui non è come te. E poi i tuoi genitori meritano di essere partecipi alla tua vita, loro ti vogliono bene e non mi va bene che tu li escluda così.»

«È la mia vita.» Quasi urla; so che si sta trattenendo solo per non far venire i suoi. «Decido io chi escludere e chi includere e tu devi farti i cazzi tuoi.»

«Non parlarmi così, idiota.» Mi metto a sedere e lo spingo verso l'uscita della stanza.

«Ti parlo come mi pare.» Ribatte e mi spinge anche lui, solo che sono seduta sul letto e vado all'indietro.

Nel tentativo di non cadere cerco di aggrapparmi alla prima cosa che trovo davanti, che guarda caso è proprio Kyle.
Mi è caduto sopra.

Mi torna in mente quella volta in camera mia, quando sono inciampata su di lui mentre cercavo di farlo andare a scuola.
Faccio un sorriso malizioso, ricordandomi ciò che mi disse lui. «Adesso chi è che caduto ai miei piedi?»

Kyle non risponde, ma fa scivolare lo sguardo su tutto il mio corpo e soffermandosi molto sul viso.

Il mio primo pensiero è che mi sta per baciare. Ed il secondo è che non sono del tutto contro questa cosa. Ed il terzo pensiero è che lo devo allontanare.
Prima che possa ragionare, ecco che la mia mano gli ha dato uno schiaffo.

Kyle rotola lontano da me. «Ahia, ma che diavolo di prende?»

Alzo un dito, come per dare ancora più enfasi al mio discorso. «Distanza di sicurezza, Anderson.»

«Giusto.» Borbotta, ironico. «Altrimenti prendi il morbo dello stronzo.» Poi aggiunge sottovoce: «che già hai.»

In risposta prendo un cuscino e glielo premo sopra al viso, dato che è steso di fianco a me. «Morgan!» Il cuscino attutisce le sue parole.

Soffocalo, soffocalo. Ripete una voce maligna dentro di me. Ma poi mi ricordo che capirebbero che ad ucciderlo solo stata io, e questo comporta la prigione. Ed io non voglio finire là dentro.

Levo il cuscino e Kyle si mette subito a sedere, guardandomi con una faccia sconvolta. «Hai sul serio cercato di ammazzarmi?!»

Faccio spallucce e guardo da un'altra parte. Non è colpa mia se è odioso e fa uscire il peggio di me.

«Sei pazza.» Scuote la testa, mentre la mia mente fa mille viaggi mentali. E si ferma quando si ricorda di stamattina.

Riporto lo sguardo su di lui. «Hai detto che mi saresti stato lontano, come ti avevo chiesto. Stamattina hai detto che non ci riesci. Perché?»

«Non ne ho idea.» Con un sospiro si appoggia alla tastiera del letto ed io lo imito. Le nostre spalle quasi si sfiorano, ma non mi scosto. «Ci odiamo da diciotto anni. Perché smettere adesso?»

«Perché continuare?»

Si gira a guardarmi ed io mi giro per guardare lui. Tutto quello che riesco a vedere nei suoi occhi è... paura, anche se non so di che cosa. «Non voglio essere uno sconosciuto per te. Voglio essere il tuo nemico, la persona che odi. Quella che quando ci passi davanti alzi gli occhi al cielo, non una che neanche sai che esista.»

Questo mi lascia sorpresa. È una cosa dolce da dire, in un certo senso. Eppure mi ritorna in mente il fatto che sta mentendo. È solo per quella conversazione con Sebastian.

E poi ti divertirai anche, ha detto Tian, come se io fossi un giocattolo da buttare appena finito di giocare.

«È tardi, Kyle.» Mi sento dire, anche se non ho deciso di farlo. «Buonanotte.»

Lui sussulta, ma non dice niente. Probabilmente ha capito che c'è qualcosa che non va così si alza e se ne va, senza spicciare una parola.

Forse ho sbagliato, perché per la prima volta lui sta cercando di non rovinare tutto. Ma so, che in realtà, non lo vuole sul serio.

Spengo di nuovo la luce e affondo la testa nel cuscino, mentre l'oscurità mi avvolge.

E non posso evitare di farmi scappare un singhiozzo. Perché per la prima volta, vorrei che a lui importasse sul serio qualcosa di me.

Se vi è piaciuto il capitolo vi chiedo gentilmente di lasciare una 🌟, mi farebbe davvero piacere. Grazie a tutti per aver letto/ votato/ commentato questa storia, vi amo tanto ❤️

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