Capitolo XXXVI

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La mattinata passa in fretta: dopo aver saltato la prima ora seguo tutte le lezioni, passo la pausa pranzo con Omar a ridere, scherzare e baciarci e ignoro palesemente Anderson. Lui non cerca me ed io non cerco lui.

Alle quattro arrivo a casa, che trovo stranamente vuota, e mi rintano in camera mia mettendo un po' di musica. Teoricamente dovrei studiare, ma è sabato, quindi posso farlo anche domani.

Tra l'altro mi sono accordata con Omar che l'appuntamento è venerdì prossimo, in modo da prepararci entrambi. A me serve un vestito nuovo e lui si doveva far venire qualche idea per l'appuntamento perfetto, parole sue.

Dalla cassa del mio iPod parte Always remember us this way di Lady Gaga e non credo ci sia canzone più perfetta di questa per descrivere la mia situazione con Omar. Entrambi stiamo cercando di ritornare all'anno scorso, quando eravamo felici ed innamorati.

Sono costretta a spegnere la musica quando sento il campanello. Probabilmente è Liv che mi vuole chiedere gli appunti che lei non ha preso oppure mia madre che ha dimenticato le chiavi di casa.

Fatto sta, spengo la musica e scendo le scale di corsa per non far aspettare la persona che è alla porta: fa un freddo cane adesso che ha nevicato. Sul serio sembra la settimana di Natale o di Capodanno, che qui insieme a gennaio sono i mesi più freddi.

Apro la porta aspettando di vedere una faccia simpatica, ma poi vedo quella di Mr. Arroganza.

Gli chiudo la porta in faccia con un gesto fulmineo, poi mi avvio verso il salotto per accendere la tv e non sentire le sue numerose bussate.

«Andiamo, Hill!» Continua a urlare e battere i pugni sulla porta. «Ho una cosa che ti appartiene!»

Basta quello per farmi bloccare sul posto. Resto immobile con il telecomando in mano, il pulsante di accensione non ancora premuto.

Controllo i bracciali che metto sempre e ci sono. La collana che ho c'è. Allora cosa diavolo ha quel troglodita?

Riapro la porta, incrociando le braccia al petto e guardandolo storto. «Cosa c'è, Anderson?»

«Posso entrare o mi lascerai diventare un ghiacciolo qui fuori?» Saltella da un piede all'altro, esagerando notevolmente sulla bassa temperatura.

«Ti lascerò diventare un ghiacciolo. Poi ti metto in giardino e aspetto che i piccioni ti facciano i loro escrementi addosso.» Sorrido malefica. Adesso che ci penso non sarebbe un piano tanto pessimo, e poi, non lo uccido mica. Avrà solo una lezione.

«Molto divertente.» Fa un sorriso finto. Peccato che io non stavo scherzando. «Sono venuto solo per darti questo.»

Mi porge un cellulare. E no, non uno qualsiasi, ma il mio. Quando l'ho lasciato in mano sua?
Lo prendo stranita e confusa al tempo stesso.

Kyle infila le mani nelle tasche del giubbotto. «Era nella felpa che mi... hai ridato, più o meno. Sai ancora non capisco perché-» Gli chiudo la porta in faccia con la stessa velocità con cui l'ho fatto prima.

Anderson smette di parlare all'istante ed io torno sorridendo in camera mia. Queste, ragazzi, sono le piccole soddisfazioni della vita.

Accendo il cellulare, che è carico a metà: per fortuna ho una password che Kyle non può indovinare e ho la certezza che non ha invaso la mia privacy. Sì, non mi fido per niente di lui.

Noto che Omar mi ha chiamato, così senza esitazione premo il tasto per richiamarlo. Magari è successo qualcosa, o magari vuole solo sentirmi. Ma dal momento che anche io voglio sentire lui, non ci sono problemi.

Mr. ArroganzaWhere stories live. Discover now