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JAMAL'S POV
7 anni prima.
'Caro diario,
Mi sento quasi un femminuccia a scrivere una pagina di diario ma adesso sembra essere l'unica mia valvola di sfogo. Sono completamente stanco. Stanco di tutto questo che sto vivendo. La mia vita sembra dipendere sempre da qualcun altro, e quel qualcuno è proprio mio padre. La mia adolescenza la sto passando ad imparare a sparare ed a imparare a combattere. Ma a cosa mi serve tutto ciò? Ti spiego meglio:
Mio padre ha creato un impero, un impero di soldati al suo servizio. Li educa, li segue nel loro percorso e cerca di coinvolgere anche me in tutto questo. È alleato con alcune persone che fanno parte della cellula terroristica da quello che ho capito, ci sono diverse organizzazioni, alcune in Afganistan, altre in Asia, Medio Oriente e tante altre parti ma che adesso mi sfuggono. Queste organizzazioni tramano contro altre fino a scatenare una vera e propria guerra. Ha dei campi, simili a quelli di concentramento, dove tiene delle persone che lavorano come schiavi nella terra. Non so perché fa tutto questo e non capisco nemmeno il senso. Quando gli chiedo il perché di questo lui mi risponde "un giorno ti racconterò tutto" e quel giorno ancora deve arrivare. Ed io, in silenzio, continuo a fare tutto ciò che mi chiede lui.
Vuole che mi alleni come un matto? Lo faccio. Vuole che impari a combattere? Lo faccio. Vuole che impari a sparare? Lo faccio.
Faccio tutto ciò che mi chiede. Da quando ho perso mamma non mi resta che obbedire a lui anche perché se non lo faccio so quali saranno le conseguenze.
Mi manca mia madre, mi manca guardala e osservare i suoi grandi occhi celesti. Nei suoi occhi vedevo tristezza, frustrazione e tanto dolore ma lei nascondeva tutto ciò dietro ad un sorriso. Quando facevo gli incubi la notte lei correva da me abbracciandomi forte e mi faceva addormentare sul petto mentre mi cullava e mi sussurrava che andava tutto bene e che c'era lei con me. Adesso invece, che faccio gli incubi tutte le notti, non ho nessuno che mi tranquillizzi. Vorrei tanto tornare indietro nel tempo e far si che mamma non muoia. Aveva problemi di cuore, aveva un cuore debole. Ma nonostante ciò lei non si fermava mai. Conduceva una vita tranquilla e serena, per quanto volesse farla sembrare.
In questi anni mi è stato vicino molto Ethan, un ragazzo che ho conosciuto al campo. È il figlio del migliore amico di papà, ci alleniamo tutti i giorni insieme e siamo diventati come fratelli. Non ha avuto una madre. Lo ha abbandonato dopo la sua nascita e lui la disprezza in un modo abissale.
Entrambi abbiamo della rabbia all'interno del nostro corpo, una rabbia feroce. La colmiamo fumando dell'erba, andando a letto con le donne e facendoci alcune volte anche di cocaina. Mia madre non sarebbe fiera di me.
Mio padre mi ha insegnato che uomini come
noi non possono permettersi di farsi abbindolare da una donna. Loro sono solo una valvola di sfogo. Sfruttarle per i nostri scopi e poi cacciarle come se fossero cani. "Le donne distraggono l'uomo dal suo obiettivo" diceva papà. Alla mia domanda, del perché allora lui si sia sposato con mamma lui mi ha semplicemente risposto "avevo bisogno di un erede". Sono nato senza il frutto dell'amore dei miei genitori. Sono consapevole che un giorno tutto questo ricadrà nelle mie mani e dovrò occuparmene io insieme ad Ethan e la cosa mi spaventa un po', forse perché non so realmente a cosa vado incontro effettivamente.
Credo di essermi dilungato troppo col scrivere, ma devo dire che è stato alquanto piacevole sfogarmi e mettere per scritto i pensieri che mi stanno distruggendo e perseguitando giorno dopo giorno.'

Chiudo questa sorta di diario e lo poso in mezzo si libri della libreria della mia camera. Alzo lo sguardo verso l'orologio, è l'ora che io vada ad allenarmi. Prendo il mio borsone ed esco dalla mia camera chiudendola a chiave, ci tengo alla mia privacy.

Scendo le infinite scale di questa casa e a passo svelto esco di casa. Inizio a camminare per i campi fino ad arrivare nel edificio, la guardia mi osserva e senza fiatare mi fa entrare. Non mi guardo intorno e vado spedito nel campo di addestramento.

"Sei in ritardo di cinque minuti." Mi ammonisce Sebastian il mio allenatore. Non tollera i ritardi. È un tipo molto serio, non l'ho mai visto ridere in cinque anni che mi alleno insieme a lui.

Il mio riflessoWhere stories live. Discover now