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JAMAL'S POV
Passato.
"Padre, non capisco. Perché devo assistere a tutte le tue riunioni?" Sbuffo togliendomi dal capo la fascia rossa. "Perché devi essere pronto per quando non ci sarò più. Un giorno tutto questo sarà tuo e devi gestire tutto al meglio. Adesso indossa di nuovo la tua fascia." Mi ordina serio ed io la indosso.

Contraddirlo non porterebbe nulla di buono. Una volta mi è capitato di contraddirlo e non ha fatto altro che picchiarmi per poi rinchiudermi in uno stanzino, ero piccolo e solo. È sempre stato un uomo violento, la sua rabbia la sfoga in questo modo. Mi giro verso la porta vedendo dei signori entrare, hanno lo sguardo serio e duro.

"Signor Kral." Il soprannome di mio padre, che significa Re. Ha scelto lui questo soprannome perché dice di essere il re di tutto questo e che solo lui è in grado di prendere decisioni. Credo che un giorno mi erediterà questo soprannome..

Iniziano a conversare ed io ho lo sguardo perso sul tavolo stanco di queste riunioni. Non credo di potercela fare per ancora un'ora.

"Ci servono più uomini possibili." Borbotta uno di quei uomini.

"Non siete nella posizione di richiedere altri uomini." Sbotta mio padre chiudendo le mani in due pugni. "Credete che io non sappia di quello che è successo? Il vostro traditore Alih è scappato ed era a conoscenza di tutti i vostri programmi, degli attentati, di dove e quando." Continua. Gli uomini si irrigidiscono. "Non è stata colpa nostra. Stiamo cercando di risolvere." Mormora un signore con la lunga barba nera.

"Io avrei una soluzione." Appoggia le mani sul tavolo mio padre e li osserva. "Lasciate tutto nelle mie mani, la vostra organizzazione provvederò io a tutto."

"E cosa pensate di fare?" Chiedono. "Per prima cosa cercherò Alih e morirà, ha deluso Allah e si merita la morte. Seconda cosa, provvederò a ripristinare l'ordine e l'organizzazione, non mi sembra molto organizzata." Sorride falsamente mio padre.

Vuole davvero occuparsi di una organizzazione?

Si guardano tra di loro e parlano sotto voce come per confrontarsi. "Se accetteremo, non vorremo essere esclusi dalle decisioni." Si alza uno di loro guardando mio padre. Anche lui si alza. "Certamente." Prende delle carte e le passa ai signori e loro firmano.

"Non ci faccia pentire di averle ceduto l'organizzazione." Borbotta uno di loro per poi uscire.

"Quindi adesso oltre ad avere militari hai anche un organizzazione terroristica?" Alzo il sopracciglio non capendo. "Si figliolo, ho bisogno di avere più fronti su cui appoggiarmi. Ma questi signori non saranno un problema. Sai ancora poco di me, figliolo." Sorride beffardo.

"Perché?" Continuo a non capire. "Perché tra un po' non ci saranno più." Alza l'angolo della bocca. "Vorresti ucciderli? E per quale motivo?" Sgrano gli occhi avvicinandomi a lui.

"Così l'organizzazione passerà completamente nelle mie mani. Strategia. Si chiama, strategia." Mormora tranquillo. "Non puoi farlo."

"Certo che posso. Sono il Kral." Esce dalla stanza ed io chiudo gli occhi. Vorrei che questo fosse un brutto sogno.

Un po' come tutto questo che sto vivendo. Sembra un incubo senza fine. Sin da bambino mi hanno fatto assumere tante responsabilità o meglio, responsabilità che mi ha fatto assumere mio padre.

Un padre che invece di stare al fianco del proprio figlio sul divano a vedere i cartoni lo portava a vedere gli incontri di boxe. Che poi, finivano sempre che uno di loro cadeva per terra immerso in un mare di sangue.

Da bambino pregavo anche, fino ai 13 anni non ho fatto altro che pregare quattro o cinque volte al giorno. Teneva molto alla mia religione.

Crescendo mi ha tenuto impegnato in altre faccende, tra studio, allenamenti, partecipare alle riunioni. Mi è capitato anche di seguirlo in qualche viaggio.

Non abbiamo mai fatto una vacanza vera e proprio, nemmeno quando c'era mia madre. Sempre rinchiusi qui, nella completa monotonia.

Il mio unico rifugio è sempre stata la mia camera. La notte nella tranquillità, vengo afflitto dai miei pensieri. Spesso mi è capitato di pensare ad una vita completamente diversa.

Un padre normale, mia madre ancora viva, studiare in una scuola pubblica, avere tanti amici, frequentare feste, incontrare la ragazza giusta per me.

Quest'ultima cosa è sempre stato un mio pensiero quasi fisso. Mi sono chiesto molto volte, se sono rinchiuso qui come farò a conoscere la persona giusta per me?

Prima penso che l'amore non faccia per me almeno non in questa vita, poi penso che l'amore possa guarire le ferite interne ancora aperte.

Mi alzo dalla sedia facendola strusciare per terra e vado verso la porta uscendo. Esco dall'edificio andando verso la sala allenamenti. In questo momento penso sia l'unica cosa che possa calmarmi, come sempre tra l'altro.

Presente.
"Ethan non ho tempo per le stronzate, cosa vuoi?" Sospiro continuando a guardare il computer davanti a me. "Organizzare una festa, quanto tempo è che non festeggiamo come si deve?" Si stende sul divano di pelle e beve una birra.

"Non ho tempo." Sbotto scrivendo dei file.

"Perché Hailey ti ruba molto tempo della giornata?" Mi giro di scatto verso di lui.

"Ho tante cose da fare." Sospiro. "Con Hailey." Puntualizza.

Abbasso lo sguardo sui fogli di fronte a me e poi lo alzo guardando il computer.

"Ho parlato con Ahmet e Hasan." Deglutisco girandomi verso di lui. "Mi hanno detto che non hanno concluso nulla con te perché eri troppo impegnato con una ragazza che era piombata qui. Era Hailey, vero?" Alza un sopracciglio mettendosi seduto.

"Si." Abbasso lo sguardo. "Jamal sei consapevole in cosa la stai immischiando? Io lo dico per il tuo bene, non puoi permetterti una distrazione. Se lei scoprisse.."

"Sa già tutto." Lo interrompo già sapendo cosa volesse dire, sgrana gli occhi.

"Cosa? Come ti è venuto in mente di raccontarle tutto." Si alza dal divano venendo verso di me. "Non puoi capire Ethan." Mi giro di nuovo verso il computer.

"Lei deve starne fuori." Sbotta arrabbiato. "Sei per caso geloso?" Alzo un sopracciglio.

"Ma di cosa diamine stai parlando?"

"Ho trovato una persona che non è scappata quando le ho raccontato tutto, è rimasta accanto a me. Non potrei mai metterla in questa situazione, la tengo al di fuori di tutto. Sa tutto è vero ma questo non vuol dire che si immischia in quello che facciamo." Sbotto anche io arrabbiato guardandolo.

Mi guarda in silenzio e si siede di fronte a me. "Ti ha proprio fottuto il cervello." Scuote la testa sorridendo. "Completamente." Sussurro guardandolo.

"Però.." mi punta il dito contro. "Sabato festa qui a casa tua e non voglio sentire un no come risposta. Ci divertiremo con un tempo e magari posso conoscere qualche amica di Hailey." Sorride.

"Non ti arrenderai vero?" Ridacchio. "No, e sai che quando mi impunto una cosa la devo fare per forza."

"Va bene." Sospiro. "Adesso si che mi piaci, prometto di non farti distruggere casa." Si alza e facendomi l'occhiolino esce fuori. Scuoto la testa e ritorno al mio lavoro.

Il mio riflessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora