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Intravedo attraverso la vetrata del bar Finn, seduto a prendere del caffè con altre persone di cui riconosco solo Mike. Non so se scrivergli un messaggio o entrare direttamente.
Magari il messaggio nemmeno lo guarderà, perciò con decisione apro la porta e al suono fastidioso del campanellino in alto, il suo volto scatta verso il mio.
Mi sorride in lontananza ed io ricambio un po' scostante. La realtà dei fatti è che mi trovo in una brutta posizione.
Resto sul mio posto impalata senza dire o fare nulla. Dovrei andare lì? Ma ci sono i suoi amici..
Finn capisce il mio sguardo e si alza dicendo agli altri << Vado a fare una telefonata, torno tra poco>>
Quando sta per avvicinarsi sento una schicchera nel petto.
<< Suppongo voglia parlarmi, ricordo il messaggio che mi hai mandato ieri. Che succede?>>
Anche lui sembra piuttosto freddo, mi fa sospettare che abbia inteso.
<< Possiamo parlarne fuori?>>
Domando gentilmente sfregando le mani.
Annuisce, si fa largo ed esce fuori dal bar prima lui, seguito da me.
Accende una sigaretta, non mi sembra di averlo mai visto fumare. Lo fanno quasi tutti qui..?
<< Il...il mio messaggio era riferito al nostra uscita..>>
Esordisco.
<< Più che altro "la fine" del nostra uscita..>>
Capisco che il suo sguardo si fa disinvolto quando faccio caso al fatto che nemmeno mi sta guardando.
Non posso prendermela però. Quindi lascio correre.
<< Sai era tardi, e non avevo mai bevuto prima d'ora, anche se si tratta solo di una bottiglia di birra. Forse mi sono lasciata un po' andare e ho commesso uno sbaglio.>>
Ogni parola che fuoriesce dalla mia bocca fa sempre un po' più male.
E sono intimorita da un dispiacere da parte sua.
<< Se ti riferisci al bacio è tutto ok.
Si, un po' ci ho creduto..
Ma non ha importanza, è solo un bacio no?>>
Ribatte bruscamente con un pizzico di sarcasmo. Sembra un deja-vu.
<< Sai che mi dispiace, non era mia intenzione illudere qualcuno o anche solo provarci minimamente. Sei un ragazzo dolcissimo ma al momento la mia testa è altrove e..>> Mi manca il fiato.
<< Rosie. Non è successo niente. Non resto scottato da un bacio dato così per caso. Ovviamente sarebbe stato cortese da parte tua dirmi che c'era qualcun altro dietro ma va bene lo stesso. >>
Ma solo io in questo mondo non dò per scontato un bacio? Solo io gli dò valore?
<< Non non ho mai detto che c'è qualcun'altro. Ho solo le idee confuse tutto qui.. mi sembrava giusto dirtelo.>>
Dico sbattendo le palpebre velocemente.
Perché si sa, c'è Daniel dietro questo. C'è sempre Daniel dietro ogni cosa.
<< Beh allora quando avrai le idee chiare fammi un fischio ok?.. Ora devo andare. Fai buon viaggio.>>
Non riesco davvero a percepire il suo stato d'animo. Se ci sia rimasto male o se in realtà non glie ne importi.
<< Mi dispiace..>> Rispondo ad occhi tristi.
<< Già, anche a me. Ci si vede, salutami Daniel.>>
Mi infastidisce il suo tono ma questo lo tengo per me.
Decido di non dire più nulla e lasciarlo andare.
Mi dispiacerebbe perderlo come amico, spero solo che le cose non peggiorino quando, e se, saprà di me e Daniel. Fino ad allora mi auguro non abbia rancore nei miei confronti.
È solo mattina e mi sento come se qualcuno mi abbia spinto sulle rotaie nel momento esatto dell'arrivo del treno.
La giornata è ancora lunga..
Prima Clark.. poi Finn.. tanto peggio di così non può andare giusto?
Guardo l'orologio e il tempo è volato, ho lezione tra un quarto d'ora. Meglio rifugiarsi in aula per evitare altri inconvenienti e aspettare lì.
Arrivo con il fiatone. Cosa piuttosto ovvia visto che ho corso per arrivare, il pensiero di poter incrociare Peter ancora una volta mi fa venire la nausea..
Non c'è nessuno, sono da sola.
No, proprio sola no. Il professore è lì che sistema le sue cose sulla cattedra.
Mi assale l'ansia.
Dovrei dirgli subito del compito non svolto.
Smettila Rosie, non sei più al liceo.
<< Signorina Price, a cosa devo tanto anticipo?>>
Siamo lontani, ma c'è così tanto eco in questa aula che capisco tutto ciò che mi dice.
<< Signor Hamilton, ero qui nei dintorni, perciò ho pensato di prendere subito posto in aula>>
Sfrego le mani sulle mie gambe.
<< Ah, ha fatto bene, anche perché pensandoci mi ha fatto venire in mente che avevo qualcosa da dirle riguardo al compito che avevo assegnato.>>
Qualcosa da dirmi? Daniel gli avrà già detto che non siamo riusciti a svolgerlo.. ma strano. Lui era a lezione. Al massimo dei casi lo avrà incrociato strada facendo.
<< Ecco signor Hamilton.. avevo proprio intenzione di parlare di questo.. >>
Non mi sono mai trovata in una situazione così ma in fin dei conti non è la fine del mondo. È un compito, ed io sono all'università.
Non sono più una bambina.
Prima di continuare a parlare noto la sua perseveranza nel cercare qualcosa tra la sfilza di sfogli sparsi per la cattedra.
<< Dov'era finito.... a eccolo.>>
Afferra il foglio meno elegante tra tutti gli altri. Un foglio a righe quasi stropicciato.
<< Che sia chiaro, questa è una mia decisione e di solito non faccio quello che sto per fare.. Devo ammettere che sono orgoglioso di me stesso.
Gli esperimenti, qualunque essi siano portano i loro frutti.>>
Sono visibilmente confusa.
Mi porge il foglio e io lo prendo senza convinzione.
<< Scusi, credo si stia sbagliando. Io ero venuta proprio ad informarla che non ho avuto modo di svolgere il compito da lei assegnato.>>
Dico con la fronte aggrottata.
<< Beh, in realtà lei lo ha svolto, il signor Gheller si è occupato ieri -così sostiene lui- di aver scritto il contenuto. Mi ha chiesto personalmente di non esporlo pubblicamente ne tanto meno a lei, ma io credo sia giusto invece che lo legga. Mi creda, ne vale la pena. >>
Non nascondo che la mia curiosità e la voglia di leggere cosa c'è in questo straccio di foglio è tantissima.
Non avrei mai pensato che si dedicasse veramente a questo, ora capisco che ieri era sincero quando diceva di essere stato qui.
<< Lo leggo proprio adesso, prima che inizi la lezione. Grazie mille signor Hamilton.>>
Annuisce accennando un sorriso.
Salgo gli scalini e mi siedo in fondo tra gli ultimi banchi.
Ho le palpitazioni veloci per l'emozione. Mi sistemo per bene, porto i capelli all'indietro e raddrizzo la schiena.
Apro il foglio piegato in due volte.
E inizio a leggere.

<< Premetto che probabilmente mi pentirò a morte per aver accettato di fare questa cazzata.
Ed è paradossale pensare che in realtà avevo veramente voglia di farlo.
No.
Non mi scuserò se in ogni 6 frasi leggerà si e no 10 parolacce.
Soprattutto se devo parlare di lei.
Dio solo sà quante parolacce ho per lei.
E quante altre ancora avrò da dirne.
È l'esperimento più stupido e banale che mi abbiano mai imposto di fare.
''Guardate negli occhi la persona che si trova accanto a voi per 4 minuti'': è questo quello che ci ha chiesto di fare signor Hamilton.
Dopo questi 4 minuti la persona dovrebbe sentirsi, in qualche modo, emotivamente più vicina all'altra, così si teorizza a quanto pare.
Signor Hamilton, credo che lei non sia poi così bravo nel suo lavoro.
Ho creduto veramente che lo scopo dell'esperimento potesse verificarsi dopo 4 minuti.
E invece nulla, un'enorme stronzata.
Perdita di tempo.
Se vuole saperlo non ho provato proprio un cazzo di niente.
Rosie Price, già il nome comunica molto.
Ma che dico.. lei nemmeno la conosce, è solo una sua allieva, niente di più, quindi non può sapere.
Beh Rosalinda Price è la ragazza più testarda e bigotta che abbia mai conosciuto. Probabilmente se non abitasse nella mia stessa casa non l'avrei mai e poi mai notata per strada o qui all'università.
Sempre pronta soccorrere gli altri, e a regalare la sua generosità a chiunque. "La ragazza che tutti lodano per la sua bontà" .
È così diversa da me che spesso, troppo spesso, mi prudono le mani. Mi contraddice in tutto, crede di essere così perfetta, dio se è perfetta.. talmente tanto che vorrei solo gridarle contro.
Cosa che in realtà ho già fatto, e non una sola volta.
Ma anche lei mi ha gridato contro, molte volte, mi sono beccato un fottuto schiaffo.
Però non mi ha provocato dolore.
Signor Hamilton, quello fu uno dei momenti in cui ho capito quanto in realtà la desideravo.
Non sono un cazzo di sadico se questo è quello che pensa.
Vedevo il dispiacere nei suoi occhi, la sua rabbia.
E la odio. La odio perché ha questo potere su di me.. ha il potere di farmi sentire in dovere di non farle del male.
Così fragile e piccola..
Ma basta, non è di mio auspicio raccontarle i cazzi miei.
Perciò signor Hamilton, a questo punto, le spiego io una cosa:
non servono 4 minuti per avvicinarsi emotivamente all'altra persona.
Non servono 4 inutili minuti a guardare negli occhi "la persona" in totale silenzio.
Non ne servono nemmeno 5 o 6 o 50.
Ciò che mi ha fatto avvicinare a Rosie, ciò che mi fa avere voglia di volerla sempre di più ogni momento che passa, è proprio urlargli contro, litigarci, fare pace e poi ricominciare a litigare. Sono emozioni di cui non ero a conoscenza prima che arrivasse nel parcheggio di casa mia.
Mi fa ridere, mi fa arrabbiare a morte, mi fa "tutto" quella ragazza.
Quindi, signor Hamilton, sono queste cose che ti fanno avvicinare emotivamente all'altra persona. Chissà, magari mi sbaglio.
La storia dei "4 minuti" è la teoria dei Sociologi forse.
Ma la mia di teoria, l'ha appena letta in questo foglio.
E le garantisco Hamilton, che non dura solo 4 mediocri minuti. >>



Daniel Gheller

Uncover.    #WATTYS2020Where stories live. Discover now