1. FACCIA DA STRONZA

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CONSIGLIO DI LEGGERE IL PROLOGO 1 E IL PROLOGO 2 P4IMA DI INIZIARE, SARANNO FONDAMENTALI PER I CAPITOLI CENTRALI

Forse sarebbe corretto dire che tutto ebbe inizio con il colloquio, ma ricordo che già quella mattina mi ero svegliata con il piede sinistro: il polso iniziò a vibrare quando la fase rem era ancora lontana, e la prima cosa che mi uscì dalla bocca fu un'imprecazione.

Per interrompere la vibrazione dello smart watch pigiai convulsamente sul display: l'inventore del touch screen probabilmente aveva delle BIC al posto dei polpastrelli.

Non avendo nessuno su cui vomitare il mio rancore nei confronti del capitalismo mondiale che mi obbligava a recarmi al lavoro per ottenere uno stipendio, me la presi con le lenzuola. Le scalciai sbuffando. Me la presi anche con il tubetto di dentifricio, colpevole di non essersi riempito da solo nottetempo. Per non parlare del frigo, che si era preso la libertà di svuotarsi senza avvisare.

Non sapendo con chi prendermela per il parcheggio sconsiderato che effettuai di fronte all'ufficio imprecai un po' a cazzo, che va sempre bene, ed entrai tenendo in mano le chiavi dell'auto come fossero il sacchetto pieno di merda del cane.

Dietro il bancone della reception mi aspettava il mio spacciatore di buonumore e fornitore di eccesso di zuccheri, che mi accolse con un sorriso e una domanda. – Di nuovo? –

- Denis, ti prego. Oggi il mondo ce l'ha con me. –

Uscì dalla sua postazione per prendermi le chiavi. – Hai la faccia da stronza, stamattina. Sei tu che ce l'hai con il mondo. –

Non risposi, attesi che mi sistemasse l'auto evitandomi l'arresto immediato. Tornò dentro ostentando le mie chiavi come fossero la Coppa del Mondo di calcio. – Grazie, checca del mio cuore. –

Con l'ego gonfio della mia gratitudine fece spuntare da sotto il bancone una confezione di pocket coffee decaffeinati con la stessa destrezza di un David Copperfield 2.0. – Checca è una parola offensiva... -

- ... E non inclusiva bla bla... - Afferrai un pocket coffee soffiandogli un bacio da quel mezzo metro di distanza. Affondai con i denti nel cioccolato croccante e il ripieno liquido mi accarezzò la lingua. Mi uscì dalla bocca un guaito di piacere. – Tutte le donne dovrebbero vere un'amica con le tue qualità... –

- Una che sa parcheggiare? –

- E con un cazzo nelle mutande, così si evitano inutili conflitti. –

Sorrise. – E il migliore amico gay è un po' come la pochette di Luis Vuitton: sta bene a tutti. -

- Esatto, sei perfetto in ogni occasione. –

Appoggiò i gomiti sul bancone e mi allungò tutta la confezione di cioccolatini. Apprezzai il dono e il fatto che non lo accompagnasse a frasi di circostanza.

«Denis, oggi non ho voglia di fare una sega.»

Sorrise, assumendo la mia stessa postura con fare cospiratorio.

«Come sempre.»

«Esatto. Se chiudo la porta del mio ufficio e gioco a Candy Crash fino a gennaio, mi copri?»

«Ovvio, posso riempire la tua agenda di appuntamenti fittizi in cambio del il contatto telefonico del cliente con il culo che parla.»

«Il primario, intendi?»

«E chi altri? Non hai molta merce di scambio tra i tuoi miliardari grassi e stronzi.»

Il primario era rimasto impresso anche a me, con il suo portamento elegante e la faccia da figlio di puttana. Aveva portato una grossa somma dagli States l'anno precedente e, sebbene fosse lontano anni luce dall'avere un patrimonio all'altezza del mio portafoglio, avevo accettato di buon grado di occuparmi di lui. Almeno era una goduria per gli occhi. E non solo i miei, evidentemente.

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