30 Dolce figlia di un figlio di puttana

4.4K 168 96
                                    

*** IN QUESTO CAPITOLO NON SONO PRESENTI SCENE DI VIOLENZA Nè ABUSI, MA POTREBBE COMUNQUE URTARE LA SENSIBILITà DI QUALCUNO ***

C'era una canzone di Masini che Denis ascoltava spesso in macchina, e che io gli avevo chiesto di togliere dalla playlist.

Non è che non mi piacesse, ma c'era una frase che mi metteva a disagio. Denis mi aveva accontentato e io non l'avevo sentita più. Ma quella frase mi era rimasta attaccata addosso come un tatuaggio.

E qualche sospetto forse vi è sorto, nel frattempo. Magari qualche frase vi ha portati sulla strada giusta. Ma se invece ancora non avete capito, sappiate che non aveva capito nemmeno Trevor, o magari non aveva voluto capire. Fatto sta che ci teneva così tanto, a sapere chi fosse quello prima di lui. E io, che quella cosa me l'ero tenuta stretta stretta fino a quel momento, all'improvviso ero disposta a liberarmene. Volevo liberarmene, almeno quanto lui voleva sapere.

Ma le mie motivazioni di certo non erano le sue, e quindi indagai anche io.

«Perché vuoi saperlo?»

Lo chiesi mentre mi infilavo un'altra delle sue magliette, e mi chiesi cosa le comprasse a fare, che io lo avevo sempre e solo visto indossare camicie fatte su misura.

«Asciugati i capelli.»

Sì, mi rispose davvero così, me lo ricordo proprio bene. E se mai mi era passata per l'anticamera del cervello l'idea di usare un dannato phon, l'abortii seduta stante. Stritolai la mia chioma rossa tra le spire di un turbante di spugna sotto lo sguardo spazientito di Trevor. Che, neanche sarebbe necessario specificarlo, indossava una camicia nera che sembrava gli avessero dipinto addosso. Si sposava bene persino con i lividi che gli addobbavano la faccia.

«I capelli si tanno asciugando in autonomia. Ora mi spieghi perché vuoi saperlo?»

Ed era affacciato alla finestra, anche questo me lo ricordo bene, con le mani in tasca, e guardava fuori, non guardava me. Le giornate si erano ormai accorciate, era quasi ottobre, e la luce che filtrava dal vetro era più arancione che gialla. Lo guardavo e pensavo che sembrava un'istantanea rubata da Pinterest per la pubblicità di un profumo nonostante portasse ancora i segni del suo incontro ravvicinato con Viktor.

E io, intanto, avevo un asciugamano sulla testa.

Perchè ero così deficiente?

«Voglio saperlo perché se quello che mi dirai non mi piacerà andrò da lui e gli farò cagare fuori i denti dal culo.»

Scossi la testa, rischiando che l'asciugamano si slacciasse e cadesse a terra. Era troppo piccolo per restare saldamente annodato.

«Quando fai così sembri il personaggio di un qualunque film di Steven Seagal.»

Sorrise, abbassando la testa. Ebbi la sensazione che si guardasse le scarpe per evitare di guardare me.

«Hai dei dubbi, bambina? Pensi che non lo farei davvero?»

Incrociai le braccia sotto al seno, spostando il peso su una gamba sola. Avevo anche io delle condizioni da porre.

«Tre premesse, Trevor. Ti racconto questa cosa se ascolti le tre premesse. Affare fatto?»

Tornò a guardare fuori. Mi chiesi se sarebbe tornato a guardarmi negli occchi alla fine del racconto. E cosa avrei letto nel suo sguardo.

«Affare fatto.»

Presi un respiro. Poi, iniziai. «Prima premessa: non avresti motivo di "fargli cagare i denti dal culo".»

«Questo lo stabilisco io.»

Sbuffai. Maschio alfa e bad boy: per fortuna non ero vergine, perché troppi cliché in una sola vita l'avrebbero davvero trasformata in un dark romance strappamutande.

«Seconda premessa: se anche ne avessi motivo, Trevor, non puoi raggiungerlo nel posto in cui si trova adesso.»

Finalmente si girò verso di me, la fronte corrugata e un'espressione poco convinta.

«È in galera? Perché ti ho già detto che so aspettare. Nella fattispecie, lo aspetterei fuori dal carcere.»

Senza slacciare il nodo con cui avevo stretto le braccia intorno al corpo, mi avvicinai fino a sentire il suo respiro sulla fronte. Nell'alzare la testa per guardarlo meglio, l'asciugamano si arrese alla forza di gravità e cadde a terra. Nessuno dei due se ne curò.

«Non è in galera. È morto.»

E vidi il sospetto farsi strada nella sua espressione guardinga. Prima che potesse fare altre domande, misi fine alla sua ondata di dubbi. «Terza premessa: non era davvero mio padre.»

Dolce figlia di un figlio di puttana.

Così diceva la canzone. Ma io non ero né dolce, né figlia sua.

SPAZIO AUTRICE

ALT! ALT! ALT!

STIAMO CALMI!

Prima che io venga bannata da tutti i multiversi social e non, specifichiamo che la presenza di violenza, sangue, sesso, linguaggio volgare ed AGE GAP erano stati preannunciati ancora prima del prologo. MA NON VI PROPINERò un 1nc*3st0! Questo deve essere chiaro. E vi anticipo già, a scanso di equivoci, che per quanto il passato di Lea sia rivoltante, il tutto ha avuto inizio quando era maggiorenne. Questo chiaramente nulla toglie allo schifo. 

Vista però la crudezza dell'argomento, passiamo già al capitolo successivo, così ci schiariamo le idee senza troppe attese. 

PRICELESSWhere stories live. Discover now