50 Scelgo il profano e il blasfemo

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Trevor era l'errore della mia vita, quello che avevo evitato di commettere in quegli ultimi dieci anni, e che a qual punto avrei voluto ripetere in eterno. Aveva il mio segreto, anche se non l'unico, se l'era preso a Milano, al primo piano del Demons, ma lo stava custodendo senza farci nulla. Ritenni non avesse capito la portata del suo gesto, che non avesse colto la reale intenzione di quello che io avevo costruito e lui scoperto. Non sapeva di aver comprato la chiave della mia libertà. Sapevo che nel giro di poco avrei dovuto prendere la decisione di indirizzarlo, dirgli cosa facevo davvero con quel prezioso segreto.

Ma in quel momento c'era un'altra decisone che dovevo prendere: avrei dovuto condividere il mio piano anche con Denis?

Chiaramente, in origine, era previsto che ciò accadesse. E lo era ancora, ma la variabile Trevor aveva modificato gli equilibri e non sapevo più scegliere i momenti giusti per scoprire le mie carte.

Perché se Trevor era l'errore che avrei voluto ripetere fino alla tomba, Denis era la cosa più giusta della mia esistenza e nessuno gli avrebbe mai portato via quel posto. Nemmeno Trevor.

Non ero confusa, tra le braccia di Denis, avevo ben chiaro il mio urgente desiderio di sfilarmi i vestiti e di sentire finalmente l'effetto che mi faceva la sua pelle sulla mia, ero consapevole di aver aspettato quel momento per anni ma sapevo anche che avevo covato quella speranza nella certezza che, in realtà, non si sarebbe mai potuta realizzare. Era una fantasia, il coronamento carnale di un amore platonico e profondo. Questo, quello che credevo. Fu facile restarne convinta con le sua mani tra i capelli o strette intorno alla schiena, ma divenne tutto più fumoso non appena le sue labbra iniziarono a depositarmi carezze di fuoco sugli zigomi, sulle tempie, al confine tra le guance e la bocca in un territorio già occupato da quelle di Trevor.

«Denis...» era difficile parlare mentre l'unica cosa che avrei voluto fare era abbandonarmi a quel tocco accogliente. «Abbiamo un problema, lo sai...». E il mio tono risultò così poco convincente che mi innervosii.

«I nostri problemi sono tutti morti e sepolti, Lea.»

Mi sollevò la testa con una presa salda ma confortante tra i capelli e ancora una volta pensai che anche quella era una prerogativa di quel ragazzone londinese che continuava a dire che non mi avrebbe più privata di nulla e che invece, inconsapevolmente, mi stava privando anche del mio insindacabile diritto di concedermi all'uomo che mi aveva salvata in modi che né io né lui potevamo ancora immaginare.

«No, non tutti, per fortuna» bisbigliai, le mie labbra illegalmente vicine alle sue.

«Non tornerà, Lea. E se tornerà, sarà per portarti via qualcos'altro.»

Ma non ci credeva nemmeno lui: era astio, quello che rivelava il suo tono tagliente. Lo infastidiva la consapevolezza che Trevor sarebbe tornato davvero, a riprendere il suo posto, restituendomi anche il mio accanto a lui.

Ma io non volevo nessun posto che fosse troppo lontano da Denis, e questo doveva essere chiaro a entrambi. Accarezzai il suo viso bellissimo, così diverso da quello di Trevor, così predisposto ai sorrisi, quasi fosse stato creato apposta per illuminare le giornate dei disgraziati che se la passavano male ma che avevano la fortuna di incrociare la sua strada.

«Sei la cosa giusta, Denis. Sei davvero l'unica cosa giusta della mia vita, e non ce ne saranno altre, probabilmente. Ma questo è il momento sbagliato, e nessuno di noi due può farci niente.»

Lo vidi farsi largo nel suo sguardo; lo stesso vigoroso dubbio che mi si era piantato tra cuore e stomaco non appena avevo avvertito la sua erezione svelarmi una bugia lunga dieci anni: cosa sarebbe successo, con Trevor, se Denis si fosse fatto avanti prima? Se si fosse convinto che le mie ferite erano ormai cicatrici?

PRICELESSWhere stories live. Discover now