74 Stai attenta, bambina

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Non avevo considerato che in Italia era quasi inverno. Naturalmente Trevor sì.

«Metti questa.»

Dal bagaglio a mano tirò fuori una felpa gigante, gialla e verde, con la scritta grande Australia sul davanti e la zip. Era di pile pesante, e quando l'aveva comprata a Bondi Beach, a Sydney, mi era sembrato strano. Visto che sapevo che le stranezze di Trevor erano molto più sensate delle mie, non avevo fatto domande.

Quindi sull'aereo non mi stupii di trovare comunque la risposta.

Me la infilai grata.

«E tu?»

Tirò fuori anche una giacca nera che pareva uscita dall'armadio di Ade, figa e oscura e lussuriosa uguale. La indossò e il modo in cui la sua figura metteva timore mi consolò non poco.

Abbandonammo la prima classe occupata soltanto da noi.

I nostri bagagli erano stati spediti direttamente a casa, quindi l'unica breve attesa che ci separò dal nostro ufficiale ritorno negli italici confini fu il controllo dei documenti. Il miliardario truffatore era rilassato, io tremavo ogni volta che qualcuno manipolava i miei documenti falsi.

Fu molto ma molto meno rilassato nel constatare che Denis mi aspettava, svettando tra la folla con il suo sorriso rassicurante: l'esatto opposto di Trevor, eppure ugualmente invitante e desiderabile.

E se Trevor era Ade, Denis era Apollo, l'uno ombra e l'altro luce, tormento e perdono.

Mi cercava con lo sguardo tra le molte teste, e chiaramente Denis inquadrò Trevor, con la sua corporatura massiccia, ben prima di me, nonostante i miei colori fossero ben più sgargianti dei suoi. Ma subito dopo i suoi occhi chiari incontrarono i miei, e il sorriso che prima mi era sembrato luminoso, divenne più accecante del sole.

Trevor mi mise una mano sulla guancia per richiamare la mia attenzione, parlandomi all'orecchio.

«Puoi corrergli incontro come hai sempre fatto, e so che muori dalla voglia di farlo. Ma le tue labbra, bambina, dovrebbero decisamente stare alla larga dalle sue.»

Le mie labbra avvinghiarono per qualche secondo quelle di Trevor, in prima istanza. Ne sentii la mancanza non appena si separarono e quindi gli misi le mani intorno al collo per strafogarmi con un'altra dose di lui.

Le sue mani, possessive e incazzate, mi strinsero ben oltre il necessario. Ma chi ero io, che avevo odiato una Katheleen per il semplice fatto di avere le tette più grosse delle mie e di aver conosciuto i piaceri della carne con Trevor prima di me, per giudicare il suo bisogno di rivendicarmi, davanti all'uomo che gli aveva portato via un pezzo della mia esclusività nei suoi confronti?

Avvertii tutta la sua reticenza nel lasciarmi andare, pazientai e indugiai tra le sue braccia e tra le sue mani, baciandolo sul collo e fingendo di non sapere che stava cercando di uccidere Denis con lo sguardo.

Mi baciò sulla fronte prima di lasciarmi andare. «Vai.»

Tornai a voltarmi, accogliendo con gli occhi il sorriso affettuoso che Denis dedicava a me, schivando invece lo sguardo provocatore che inviava a Trevor.

E gli corsi incontro, incontro all'uomo che aveva fatto cose che non aveva mai avuto il coraggio di raccontarmi perché sapeva che io volevo salvarmi da sola, ma lo aveva fatto con amore e io all'amore non sapevo rinunciare, né resistere.

Denis mi regalò un abbraccio protettivo, mi ci rifugiai dentro rendendomi conto solo in quel momento di quanto mi fosse mancato. Quell'uomo mi conosceva, più di Trevor, ma mi leggeva dentro molto meno e quella condizione, in certi momenti, mi faceva sentire ugualmente al sicuro e un po' meno esposta.

PRICELESSWhere stories live. Discover now