65 Mister SeLaTocchiTiUccido

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Londra mi sembrava tutta al contrario. Si guidava al contrario, il traffico scorreva al contrario e si prendeva pure il the al contrario dato che per me era sinonimo di influenza e gli inglesi se lo bevevano al posto caffè. Poi avevano la Monarchia, la Monarchia, capite? E ne andavano fieri, sebbene la più adorabile componente della famiglia reale fosse in realtà acquisita e per di più deceduta in un incidente stradale da decenni.

«... e non avete neanche il bidet!»

La mia arringa accusatoria ai danni della capitale britannica sembrava divertire molto mister IlMondoÈaiMieiPiediInchinateviTutti, che guidava (al contrario!) sorridendo con un misto di supponenza e accondiscendenza che mi dava tanto sui nervi quanto alla testa.

«Quello lo trovi solo in Italia, bambina. Posso dirlo con discreta certezza, dato che di posti ne ho visitati parecchi.»

«Perché siamo un popolo igienicamente evoluto.»

«Il bidet se lo sono inventato in Francia. Glielo avete rubato.»

«Loro ci hanno rubato la Gioconda.»

Scoppiò a ridere. «Capolavori a confronto!»

Feci spallucce, alitando sul finestrino e disegnando stelline sulla Tesla di Trevor.

Arrivammo davanti al cancello di casa sua, che era una cosa buffa da dire dato che bisognava guidare parecchi secondi all'interno del parco di sua proprietà prima di vedere l'edificio spuntare tra la vegetazione. Era una struttura ultra moderna, una piccola opera d'arte di legno scuro, acciaio e vetro. Tra i salici del cortile vedevo serpeggiare un ruscello e mi chiesi se da qualche parte ci fosse anche un laghetto. Era tutto ordinato, e supposi che Trevor potesse contare su un esercito di giardinieri per mantenere quel posto in condizioni perfette. Giardinieri invisibili, dato che era tutto immobile.

Il garage era sotterraneo, e ospitava un sacco di vetture di lusso e sportive, alcune dai colori sgargianti, altre più austere.

«Hai anche un elicottero?» ironizzai.

«Non qui, ovviamente.» Non capii se dicesse sul serio, ma a conti fatti non sarebbe stata una cosa poi così strana.

Scesi dall'auto e Trevor recuperò la mia valigia dall'altra macchina con cui Andrey mi aveva portata al Baker Hill. Mi guidò verso quelle che avevano tutta l'aria di essere le porte scorrevoli di un ascensore. Forse il mio criminale preferito interpretò in modo strano il mio stupore.

«Preferisci le scale?»

«No, ci sto facendo l'abitudine a questi aggeggi. Sei quasi come Tony Stark, signor Baker.»

Entrammo nella scatola di metallo.

«Solo quasi?»

Mi voltai a guardarlo, e lo trovai affascinante da svenire. «Tony è troppo figo persino per te, signor Baker.»

«Accetto la sconfitta.»

E fummo a casa sua. Le porte si aprirono su un ambiente ampio e luminoso, inaspettatamente sobrio e lineare. Il centro della stanza era occupato da due grandi divani verde bottiglia, tavolino da the nel mezzo e un grande tappeto color crema a pelo lungo a delimitare il perimetro di quella zona ristoro. Nessuna tenda ostruiva il panorama sul parco, ormai decisamente autunnale e perfettamente in tinta con il parquet di casa.

Le pareti accoglievano librerie piene e ordinate, ma anche vetrine che contenevano trofei sui quali avrei indagato non appena ne avessi avuto modo. Il grande tavolo da pranzo ricordava la struttura esterna della villa: vetro e acciaio, eleganza e potenza uniti in un efficacissimo sodalizio.

«Signor Baker, hai una casa bellissima.»

«È solo il posto in cui torno la sera quando sono a Londra.»

PRICELESSWhere stories live. Discover now