27 Stanco, ma non di lei

5K 230 144
                                    

Il rumore della lama che veniva estratta dal bracciolo e dalla mia mano fu come uno schianto: Dimitri dovette strattonarla più volte, prima di liberarla dalla morsa di legno, ossa e carne.

Bestemmiai in inglese. Andrey in russo, nonostante il dolore fosse solo mio.

E mentre i miei uomini si occupavano di liberarmi dalle catene e di fasciarmi la mano, nessuno si stava occupando di Lea. Non che la ritenessero irrilevante, anzi. Proprio perché non lo era, assunsero l'atteggiamento più simile al pudore che conoscevano: la ignorarono, evitando persino di guardarla.

Vennero disarmati tutti, compreso Viktor, che collaborò. La sua missione era finita, compiuta: Baker Jr punito, Lea pure. Ora si pareggiavano i conti in termini di uomini persi, e nient'altro. Poi, ognuno a casa propria.

Sulla mia mano sana, ovviamente la destra -ché Viktor ben sapeva che privarmi della mano forte sarebbe stato inappropriato- comparve una Walther Q4, carica.

«Quanti dei nostri sono caduti?»

Andrey mi rispose senza distogliere lo sguardo da Viktor. Era incazzato nero, e notai subito un grande assente nel mio branco. Compresi l'origine della sua rabbia.

«Tre, tutti nel parcheggio del Sweety. Oggi nessun ferito.»

«Sergej?»

«Uno dei tre» fu la laconica risposta del mio socio.

Alzai la Walther e sparai in testa a quattro dei sei uomini di Viktor, in una sequenza di morte rapidissima e ingiustamente indolore. Il frastuono dei colpi si propagò nella stanza meno velocemente del sangue e della materia cerebrale di cui furono imbrattate le pareti e il pavimento. I corpi ricaddero scomposti sul pavimento e solo dopo averli uccisi tentai di riconoscere le vittime. Uno di loro aveva un volto vagamente conosciuto, ma non ricordavo il suo nome. Per quella misera missione, Viktor aveva portato solo carne da macello. Abbassai lo sguardo su Lea nell'inserire la sicura nell'arma. Infilai la pistola nella cintura dei pantaloni. Lea tremava, e forse stava sanguinando ancora, ma aveva più bisogno di conforto che di cure, in quel momento.

«Ne hai fatto fuori uno in più, Baker» sibilò Viktor, contrariato.

«Sergej valeva doppio. Uscite tutti.»

Andrey si trattenne insieme al russo finché rimanemmo solo in quattro, esclusi i cadaveri.

«Trevor...»

«Esci anche tu, ma resta accanto alla porta, Andrey. Tieni Viktor con te.»

Così fece. E finalmente potei avvicinarmi a Lea, che mi guardava come se non mi vedesse, ancora accucciata, ma con le ginocchia raccolte. Mi piegai sulle caviglie, alla sua altezza.

«Ti porto via, bambina...»

Ma lei scosse la testa, lo sguardo ancora perso. «Io vengo dopo.»

«Dopo cosa, Lea?»

Appoggiò la guancia alle ginocchia, fissando la porta da cui erano usciti tutti.

«Non lo so. Dopo.»

Presi i suoi abiti, ancora abbandonati accanto a lei.

«Ti aiuto a vestirti.»

La sentii sospirare, esausta.

«Faccio da sola. Dopo.»

Appoggiai di nuovo i suoi vestiti a terra, e presi con tutta la delicatezza di cui disponevo il suo viso tra le mani. Quella ferita era quasi insensibile.

«Lea, ascoltami. Adesso ti vesto e ti porto via. Non ti toccherà più nessuno, ok?»

Ci mise un po', ma alla fine il suo sguardo trovò il mio, e parve vedermi.

PRICELESSWhere stories live. Discover now