13. Il valore dell'innocenza

4.6K 152 90
                                    

Avevo esaurito le lacrime e singhiozzavo a vuoto, con il petto che sussultava come in preda a un attacco epilettico. La mano di Andrey che mi premeva sulla bocca senza pietà era completamente inutile: avevo a mala pena il fiato per respirare, figurati per gridare.

Trevor si stava occupando di Denis da eterni minuti, e nelle orecchie il suono dei suoi i suoi lamenti mi arrivava ovattato. Ero stordita, ma non abbastanza da non comprendere il dolore dei colpi inferti al torace del mio migliore amico: Trevor si accaniva su di lui prendendolo a calci, incurante del sangue che da tempo gli colava dalla bocca lungo il mento, della sua posizione fetale, del silenzio ostinato ma gravido di disperazione col quale incassava ogni colpo nuovo.

E percepivo il tocco di Andrey come se non mi riguardasse quanto il dolore di Denis, ma sentivo comunque la sua mano accarezzarmi il seno mentre l'altra pareva una tagliola sulla bocca, e constatai con un certo sgomento che a premermi sulla schiena era la sua infame erezione mentre, seduto con la schiena contro la parete, mi racchiudeva tra le sue cosce aperte e le sue braccia che mi stritolavano. Se ad eccitarlo così fosse il mio corpo o la violenza di Trevor non avrei saputo dirlo, ma ancora oggi temo fosse la somma delle due cose.

Poi, così come aveva cominciato, Trevor si fermò. Rimase a osservare il corpo di Denis accasciato a terra, mentre tossiva e sputava sangue. Baker si arrotolò le maniche della camicia sopra il gomito e io iniziai ad agitarmi all'interno della gabbia di carne e muscoli che erano le braccia del russo, perfettamente in grado di costringermi all'immobilità, annientare le mie grida e perseverare nell'attento studio del mio seno contemporaneamente.

Trevor si voltò, ci raggiunse e si piegò sulle caviglie per guardarmi negli occhi. Sentii il cuore partire al galoppo, cavalcando un'enorme ondata di panico, disperazione e disprezzo.

«Shhh, non agitarti dolcezza. Il peggio è passato.»

Tentai di rallentare il battito cardiaco con respiri profondi, in cerca di una calma apparente che faticavo a mantenere. Smisi comunque di dimenarmi e vidi distintamente lo sguardo di Baker saettare dalla mano di Andrey, ancora saldamente stretta intorno alla mia mammella, alla sua faccia. Non intravidi alcun rimprovero nella sua espressione, eppure avvertii le dita di Andrey scivolare rapidamente più in basso e adagiarsi pudicamente sul mio ventre.

«Se urli me la prendo con lui, è chiaro?» mi disse, indicando Denis con un movimento appena percettibile della testa. Annuii, soffocando un singhiozzo che stava tentando di sfuggirmi dalla gola.

Trevor si leccò il labbro inferiore, mi studiò in silenzio per qualche attimo e infine fece un cenno ad Andrey, che finalmente mi liberò.

Presi aria nei polmoni quasi come avessi appena tirato la testa fuori dall'acqua, acquisendo l'improvvisa consapevolezza dell'eccessiva pressione che il russo aveva esercitato sul mio corpo. Ero in riserva d'ossigeno, e se ne accorse anche Baker.

«Respira, dolcezza, non svenire.»

E invece rischiai davvero di svenire: il campo visivo si riempì di stelline lampeggianti, e le voci degli uomini mi arrivavano come se a dividerci fosse uno spesso muro di gomma.

Ma qualcuno pronunciò il mio nome, e lo fece con una nota di straziante preoccupazione che mi riportò al presente: era Denis.

Scattai in fretta verso di lui, ignorando il terribile giramento di testa che mi provocò quel movimento improvviso. Dovetti raggiungerlo quasi a carponi, aggirando il corpo di Trevor, che non fece nulla per agevolarmi, ma nemmeno per impedirmelo.

Accarezzai convulsamente i capelli e il volto quasi indenne di quel ragazzo adorabile di cui, me ne resi conto in quel momento, non potevo più fare a meno. E mentre le mie lacrime si mischiavano con il sangue sul suo mento, mi rendevo conto che stavo servendo a Baker una formidabile arma con cui prendermi tutto ciò che gli serviva. Ero ricattabile, finalmente, con qualcosa che aveva un valore troppo grande. Qualcosa che non aveva un prezzo, ma che non ero io. Perché io servivo a Trevor, ma Denis no.

PRICELESSWhere stories live. Discover now