28 La prossima volta ti farà male

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Questa è una storia in cui i padri hanno un ruolo importante, e io in quel momento credevo di saperlo, di aver individuato in che veste avessero contribuito a originare quel casino. Mi sbagliavo. Mi sbagliavo su un sacco di cose.

Credevo anche di aver capito tutto di Lea, nei giorni che avevano preceduto il sequestro e seguito l'affare del Demons, ma il tassello fornito da quel passaggio di proprietà aveva gettato luce solo su una parte delle intenzioni della mia bambina.

Ma queste sono mancanze accettabili, comprensibili: avevo fatto un buon lavoro con le poche informazioni che avevo. Quello che era davvero imperdonabile, invece, era la mia ostinazione nell'ignorare un qualcosa che avevo avuto sotto il naso fin dal primo giorno e che aveva quasi tentato di rivendicare la sua funzione, seppur maldestramente. Ma ero cieco, in quel momento, concentrato su troppe cose contemporaneamente.

A mia discolpa, vorrei fosse messo agli atti che anche Andrey non aveva capito proprio tutto. Ma ormai non ha importanza e il ruolo dei padri avrebbe assunto la giusta dimensione di lì a poco, nonostante avessi fatto di tutto per tenere Lea ben lontana dall'uomo con cui, malauguratamente, condividevo una parte sostanziosa del mio corredo genetico.

Il presentimento che tutto ciò che fino a quel momento non era ancora andato a puttane fosse pronto per finire maciullato da un meteorite composto esclusivamente di merda mi colse già quel pomeriggio, quando una Lea completamente fuori di sé rifiutava di farsi visitare dal nostro doc di fiducia, di assumere gli antibiotici, di spalmarsi una pomata intima lenitiva, di nutrirsi e di idratarsi. Alla fine mi arresi alla sua crisi isterica e, dopo averla sedata con grande sollievo del mio esercito di uomini grandi grossi e spazientiti, chiamai Denis e gli chiesi un paio di favori. Incassai due vaffanculo, la promessa che sarebbe venuto appena possibile per calmare la iena rabbiosa in cui si era trasformata la sua migliore amica e il giuramento che mi avrebbe "fatto morire male" non appena ne avesse avuto occasione.

E nonostante avessi passato l'intero pomeriggio a cercare di farla ragionare, ottenendo insulti e minacce credibili quanto la candidatura di una pornostar al Parlamento (inglese, mica italiano, sia chiaro. Il Parlamento, intendo, non la pornostar), mi abbandonai sul letto insieme a Lea non appena la sua furia sbiadì per effetto del farmaco. Con l'odore del nostro sangue e della sua urina ancora addosso ci addormentammo e mi concessi di farlo al pensiero che in qualche modo avrei sistemato tutto.

E quel pensiero mi seguì anche al risveglio: potevo deviare il meteorite fatto di merda verso altre destinazioni. Non volevo investisse Lea, mi bastava quello. Tanto io a stare a galla nello sterco ci ero abituato.

Rimasi a guardarla per un po', mentre dormiva, poi feci una cosa irrispettosa di cui non mi pentii affatto: appoggiai le mie labbra sulle sue. Poi di nuovo. E di nuovo. Finchè smisi di contare i baci che le stavo rubando.

Chissà quanto ancora avrei proseguito, se lei non avesse iniziato ad agitarsi, ormai vicina a un risveglio definitivo. Aprì gli occhi e avrei voluto baciarla di nuovo, a lungo.

Mi inquadrò con i suoi occhioni verdi, e dalla bocca le uscì una risatina allegra che stonava parecchio con le condizioni dei nostri corpi. La adorai proprio per quel motivo.

«Cosa ridi, ragazzina?»

Si morse il labbro, sorridendo, prima di rispondere. Presi atto del fatto che forse nemmeno ricordava di aver avuto una crisi isterica un paio d'ore prima.

«Hai la faccia viola, Trevor Baker.»

Sorrisi anche io: non mi ero ancora guardato allo specchio da quando eravamo tornati.

«Ho avuto uno scontro frontale con un carro armato russo.»

Mi accarezzò con delicatezza, e io mi voltai appena per baciarle la punta delle dita.

PRICELESSWhere stories live. Discover now