83 Mentre fuori il mondo cade a pezzi

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Mie Queens, nel capitolo c'è un errore. Non incide sulla trama, incide sulla scena.
Lo correggerò, scusate. Oggi ho uno dei miei mal di testa e proprio non ci riesco. Prendetela come una sfida, dai. Trovate l'errore. Poi, se vi va, accetto idee sul come correggerlo senza stravolgere tutto il capitolo ❤️

Vederla correre lungo quel breve corridoio guardandosi indietro era stato come tornare a respirare dopo una lunga apnea. Lo smartwatch mi aveva segnalato il suo battito e di conseguenza la sua persistenza in vita, ma vederla... vederla era un'altra cosa.

E sentirla, cazzo, cos'era stato sentirla piombarmi addosso con il suo peso piuma, stringermela contro con un braccio così forte da sentir dolore persino io, avvertire l'odore dei suoi capelli come fosse il primo giorno nonostante il puzzo di carne cotta che impestata quelle quattro mura?

Ah, io sarei potuto resistere così, con lei stretta stretta, una pistola puntata contro e una impugnata, negli occhi la figura distorta di Viktor anche tutta la vita. Mi stava bene, perché quella situazione così in bilico tra dramma e soluzione era fottutamente meglio di tutto quello che avevo avuto prima di avere lei, prima della mia bambina.

Potevo resistere senza vederla, se la sentivo accanto a me, le sue manine che mi stringevano la camicia, il suo sguardo che mi bruciava la pelle anche se non potevo fottermi il cervello guardandola in quegli occhi grandi che avevano visto cose brutte nonostante fossero incastonati nella cosa più bella che l'universo avesse mai generato.

Adesso ti porto via, porca puttana. Ti porto da qualche parte, amore mio, un posto fatto baci sulla punta del nasino, baci abbandonati all'angolo della bocca, baci sull'ombelico che ti fanno ridere. Ti porto lì, per un po'. Ti convinco ad aspettarmi mentre faccio passare Viktor attraverso un tritacarne. Forse prima provo a fargli dire quello che ha tentato di farti in questo lasso di tempo in cui io accoltellavo il mio migliore amico. Forse tu non vuoi che lo sappia, ma io credo di volerlo sapere. Non perché mi piace farmi i cazzi tuoi, dopo posso anche dimenticare, sai?

Non importa il dopo. Ma durante voglio sapere. Mentre il suo corpo si trasforma in poltiglia voglio sapere: voglio essere molto incazzato perché poi certi modi di morire sono fastidiosi anche per chi la morte la procura e non la subisce.

Mi è già capitato, anche se piuttosto raramente. È roba da psicopatici e io, tutto sommato, non sono proprio del tutto andato.

Ma per vedere Viktor che sopporta una morte abbastanza orribile da far vacillare anche la lucidità di uno come lui, sono ben disposto a farmi perseguitare dal ricordo di quello che ho fatto per tutta la vita. Posso ben accettare di rivedere l'orrore per tutte le notti a venire, a vomitare al ricordo del rumore delle sue ossa che si sciolgono, della sua carne che sfrigola, dei suoi bulbi che scoppiano mentre è ancora vivo e presente a sé stesso e al suo dolore folle.

Sono disposto a tutto, per te.

E poi, coperto del suo sangue e delle sue maledizioni, torno a prenderti in quel posto fatto di carezze e baci,  e mi faccio guarire l'anima da te. Dal tuo sorriso che si allarga quando mi vede, dai tuoi occhioni che si illuminano quando mettiamo la granella di pistacchio sul gelato, dalla tua manina che a volte, di notte, si spalanca sul nulla per vedere il luccichio dell'anello che ti ho regalato infrangere il buio. Amo tutto di te, mi faccio guarire da te, e intanto di te mi prendo cura. Non ti lascio più, mentre fuori il mondo cade a pezzi e noi scopiamo come ricci nel nostro angolo perfetto e isolato. Per sempre, Lea. Per sempre.

Dicono che quando muori ti passa tutta la vita davanti. Ma siccome la mia vita era Lea, quando sentii il dolore io vidi solo lei, dal primo giorno, quello in cui era uscita dall'ufficio di Vitale dopo aver parcheggiato sul marciapiede, all'ultimo, quello che le aveva portato via Denis e, ne ero quasi certo, anche Alice.

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