41 La mia bambina non si tocca

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Indossavo di nuovo il mio abito e le Luoboutin, in mano stringevo un Moijto che mi soddisfaceva e nelle orecchie mi danzavano le note latine partorite dalla strumentazione del mio deejay.

La serata procedeva bene, e iniziavo a valutare l'ipotesi di ricominciare ad esibirmi in cam già quella notte, nonostante i lividi lasciati da Viktor fossero ancora evidenti.

«Dimmi che posso toccarti.»

Il fiato di Trevor mi solleticò il lobo e il collo: aveva l'odore del fumo e delle esigenze inconciliabili.

«Signor Baker, le condizioni pattuite sono chiare e lei è pregato di non venire meno ai suoi impegni.»

Non mi voltai, perché se lo avessi fatto avrei desiderato anche io di poter toccare lui.

«Possibilità di deroga? L'accordo stipulato è solo verbale e poco vantaggioso per le parti.»

Mescolai con la cannuccia il drink, per tenere impegnati occhi e mani. «Mi convinca che ne vale la pena, signor Baker.»

«Va bene.»

Mi passò di fianco, senza voltarsi a guardarmi, attraversando la pista da ballo a passo sicuro nonostante la folla gli rendesse tutt'altro che banale l'impresa.

Non avevo idea di quello che gli passasse per la testa, e persi di vista la sua figura tra i miei clienti danzanti.

Sentii il rumore della cannuccia che risucchiava solo aria, e appoggiai il bicchiere vuoto sul bancone. Tornai a cercare con lo sguardo Trevor, e lo vidi mentre si sfilava la giacca abbandonandola su una delle tante poltroncine libere a bordo pista. Poi fece quella cosa super sexy che era l'origine dei miei sorrisi istantanei e sogni erotici: iniziò ad arrotolarsi le maniche sopra il gomito, guardandomi come stesse per mettere le mani sul sogno di una vita. Mi si fermò davanti e io non desiderai altro che sciogliermi tra le sue dita e infilarmi sotto i suoi abiti. Mi allungò una mano e la musica dai ritmi estivi sfumò improvvisamente verso una ballata romantica che non riconobbi subito.

«Mi concedi questo ballo, Lea?»

Brutal Love. Mi sovvenne il titolo della canzone, e fu come una rivelazione: quale titolo migliore?

Presi la sua mano e mi lasciai guidare tra la piccola folla ora più silenziosa, assorta, rispettosamente adagiata su una melodia rock che si adattava così comodamente a un passo a due.

E furono i miei tre minuti di coccola, in cui Trevor mi regalò baci soffici sulla fronte, sugli zigomi, sul naso, avvantaggiato da una decina abbondante di centimetri generosamente offerti dal plateau e dai tacchi delle mie scarpe. E io accettai ogni dono dalle sue labbra, con un sorriso che sperai non risultasse troppo ebete sulla faccia, ma che non potei spegnere perché animato da vita propria, da una volontà di esistere e resistere che non avrei mai nemmeno potuto sperare di soffocare. E le sue mani sui miei fianchi sembravano potermi difendere dal passato e dal futuro, blindandomi in un presente composto esclusivamente da affetto e devozione, eterno vortice di tenerezza per due cuori induriti dagli eventi e scalfiti da troppe tempeste. Stavo così bene lì, sotto il suo sguardo adorante, sotto il suo tocco protettivo, che il resto del mondo aveva cessato di avere importanza, persino di esistere, perché quella sensazione di pace e completezza era il mio nuovo mondo.

E Trevor, così grande, così possente, così vibrante di maschia virilità, sapeva adattarsi a movimenti morbidi e fluidi, risultando idoneo anche a quel contesto così insolito per lui.

«Falla durare per sempre, ti prego.»

Mi sorrise e mi donò un'altra lunga sequenza di baci preziosi che avevano il potere di guarirmi, anche se solo per qualche attimo.

PRICELESSWhere stories live. Discover now