8.1 L'autrice si è dimenticata un pezzo di capitolo.

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Andrey mi aspettava accanto alla vetrata dell'attico che avevo affittato via web ancora prima di partire da Londra. Aggrappata a quell'ultimo piano di un palazzo storico, c'era anche una terrazza che si affacciava su un cortile interno. Il resto della palazzina era occupata dai miei uomini: non volevo civili tra i piedi. Non mi era costato poi tanto: il vantaggio delle piccole città, e un cambio favorevole euro/sterlina.

« L'hai messa al suo posto? » mi chiese.

« Il suo posto sarebbe in ginocchio e con il mio uccello in bocca. »

Andrey aprì le porte a vetri scorrevoli, uscì in terrazza. Si accese quello schifo di sigaretta illegale appoggiandosi con i lombi alla balaustra in ferro battuto. Mi guardava al confine tra la rabbia e la preoccupazione.

« Ha parlato? Sa qualcosa, almeno? » Andrey era nervoso, e quando Andrey è nervoso fa cose pericolose. Pericolose per noi, non per gli altri. Quelle le fa sempre.

« Sa tutto. Ha parlato »

Vidi il russo spalancare gli occhi, gettare a terra la sigaretta e animarsi di un'eccitazione che addosso a lui avrebbe fatto paura a chiunque, tranne me.

« E me lo dici così? Cazzo, Trevor! Quindi siamo a posto? Problema risolto? »

« Più o meno. »

La sua espressione virò verso l'allarmismo.

« Stiamo rischiando il culo, sia io che te. Vedi di essere chiaro, amico. »

Mi appoggiai con i palmi alla ringhiera della terrazza, lasciando vagare lo sguardo nella vegetazione del cortile di sotto. Meglio non guardare Andrey negli occhi, quando le cose non vanno esattamente come dovrebbero andare.

« Dobbiamo trattare con i tuoi amici Russi, Andrey. Al momento non possiamo fornire la chiave di sblocco definitiva di El Diablo. »

Il mio socio mi si affiancò, stava ritrovando quella calma nervosa che poteva essere custodita solo in una personalità come la sua.

« Che cos'abbiamo? »

« Venti giorni. »

« Che cazzo significa? »

« Che possiamo sbloccare El Diablo solo per venti giorni. Poi, fine dei giochi. »

« Basterà? »

Avrei voluto una sigaretta anche io, ma le avevo finite. Piuttosto che fumare una di quelle di Andrey, mi sarei gettato da quel terrazzo.

« Piò o meno. »

« Ancora? Fai i conti, cazzo. »

« Li ho fatti. Possiamo contare su almeno un miliardo e mezzo di azioni contrattate al giorno. Posso stimare approssimativamente 900 milioni di dollari al giorno di contrattazioni, e sono al ribasso. »

« Cristo, come fai a dire che non bastano? »

La matematica non era decisamente il punto forte del mio braccio destro.

« El Diablo gira al conto criptato un centesimo di dollaro in bitcoin per ogni dollaro mosso. Significa che sono 9 milioni ad ogni seduta di wall Street, Andrey. El Diablo vale quasi 200 milioni di dollari. »

« Quanto hai fottuto ai Russi? »

Mi venne da ridere.

« 150 milioni. »

« Ti avanza qualcosa per la chirurgia plastica di cui avrai bisogno dopo che ti avrò spaccato la faccia. Sei proprio una testa di cazzo. »

Aveva ragione. E non aveva ancora finito.

« Comunque lunedì risolviamo la questione dei Russi, dico bene? All'apertura della cazzo di Wall Street. »

Sospirai, e lui capì subito.

« Che cazzo c'è ancora? »

« Possiamo sbloccare solo cinque giorni per volta. Dobbiamo inserire quattro password dinamiche, a distanza di una settimana l'una dall'altra. »

Andrey imprecò in russo, appoggiandosi alla ringhiera esattamente come me.

« Siamo morti. »

« No, posso trattare. Spiegare. »

« In quanto tempo tu hai volatilizzato i loro 150 milioni? »

Mi schiarii la voce.

« Tre secondi e mezzo. Circa. »

« Io giuro che se ti vedo ancora a smanettare davanti a un pc ti taglio le mani. » Andrey rimase in silenzio qualche secondo, raccogliendo le idee. Di finanza e ingegneria digitale non capiva un cazzo, ma in quanto a trattative criminali, minacce di morte, torture inflitte e strategie malavitose non era secondo nemmeno a me. « Ci parlo io con i fratelli russi. Ci daranno il tempo che ci serve. Tu raccogli la cifra. E per favore, non scoparti la stronzetta. »

Lo guardai stupito.

« Perché no? »

Lui mi guardò rabbioso.

« Dimmi che non te la sei già scopata. »

« No, ma un po' mi dispiace. »

« Quella porta guai. E tu ne hai già abbastanza. » 

SPAZIO AUTRICE

Ehm...chiaramente questo è un paragrafo che avevo dimenticato di copincollare nel capitolo precedente. Tra l'altro è abbastanza fondamentale...quindi mi scuso ma ho preferito procedere subito alla pubblicazione.

Sorry. Sono malaticcia, vale come scusa?

Fate finta che sia tutto normale, vi prego.

SPECIAL GUEST STAR DEL PARAGRAFO CHE NON È UN CAPITOLO MA DIAMOGLI UNA DIGNITA' LO STESSO

Immagini rimosse

IL PALAZZO DI TREVOR (CHE SI TROVA DAVVERO DI FRONTE AL PARCO)

LA BALAUSTRA FIGHISSIMA SU CUI TREVOR E ANDREY CHIACCHIERANO DEL PIù E DEL MENO

PRICELESSWhere stories live. Discover now