43 La sua pelle e la mia fame (parte 1)

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Non ebbi il tempo di cambiare la camicia, e avevo già deciso che avrei atteso la chiusura del locale nel parcheggio, con i miei uomini. Ma arrivammo e mi resi conto che era davvero tardi: al Sweety era tutto spento. Presi il cellulare che usavo per conversare con Lea e trovai diversi messaggi e chiamate.

«Cazzo.»

Pensai che se ne fosse tornata a casa, insieme a Denis. Invece la vidi in piedi, le braccia annodate in vita, con la schiena appoggiata al cancello che delimitava il perimetro del Sweety. Spettacolare come sempre, anche al buio, circondata dalla desolazione della chiusura, con il suo abito striminzito e le scarpe che le avevano dato tanto da pensare a casa.

Scesi al volo dall'auto non appena Andrey spense il motore, e mi corse incontro, e mi si gonfiò il cuore, e fui felice.

Mi abbracciò e io lasciai che lo facesse davanti ad Andrey e ad altri otto dei miei uomini.

«Potevi avvertire» mi disse.

«Mi dispiace, bambina, ho avuto un imprevisto. Ma tu non dovevi restare qui da sola. Non farlo più.»

« È rimasto Denis. Figurati se riesco a stare un'ora della mia vita senza gli occhi di uno di voi due addosso. Se n'è andato solo quando ha visto i fanali delle tue auto spuntare dalla strada.»

Sciolse l'abbraccio e la vidi mentre passava al vaglio gli schizzi di sangue secco sulla camicia. Mi prese le mani, verificandone le evidenti tracce di una colluttazione. Infine, alzò gli occhi verdi su di me.

«Hai vendicato Sergej?»

Ho fatto giustizia per te.

«Anche.»

Sospirò, sembrava turbata. «Venite dentro. Tutti quanti.»

«Non è il caso, Lea.»

E lei non mi ascoltò. Si girò verso il suo nuovo pubblico.

«Andrey, siete miei ospiti. E dentro al Sweety comando io.»

Voltandosi aprì il cancello, si avviò verso l'entrata. Mi lasciò dov'ero.

«Io ho sete» disse Andrey.

Ed entrarono tutti prima di me.

***

Gli uomini erano stanchi, ma di buon umore. Lea portò la cassetta del pronto soccorso per quelli più ammaccati che viaggiavano sull'Audi distrutta.

Erano rumorosi, sguaiati, e le loro voci parevano boati all'interno del Sweety deserto.

La padrona di casa appoggiò al tavolo due vassoi di bicchieri, due bottiglie di Vodka e due di Martini.

«Sarete affamati, vi porto due stuzzichini, ma qui non abbiamo una vera cucina.»

«Grazie Rossa, davvero» disse Andrey, e Lea sorrise, e io mi illuminai con lei.

La seguii nel magazzino, che poi in realtà, pur con l'assenza di forni, era ben attrezzata anche come cucina.

«Ti aiuto, bambina.»

«Non serve. Stai con i tuoi uomini.»

«Preferisco stare con la mia donna.»

Mi baciò su una guancia con una dose così abbondante d'innocenza che mi sentii in colpa, senza sapere il perché.

Preparammo patatine, bruschette, tramezzini e ciotole di olive e salatini. Lo facemmo in silenziosa contemplazione della nostra stanchezza, ma Lea sembrava rilassata. Si tolse le scarpe, e ancora una volta mi parve troppo, decisamente troppo picccola per tutto quello che aveva vissuto.

PRICELESSWhere stories live. Discover now