79 Esisti per me

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Mi svegliai con il tocco delle labbra di Trevor sulle palpebre, e quindi decisi di non aprire gli occhi.

Poi le sentii sulla tempia, ma attesi ancora.

Mi decisi ad aprire gli occhi solo quando le sue labbra si posarono sulle mie. Era buio pesto, in casa mia.

«Buongiorno, signor Baker. Che ore sono?»

«Non lo so.»

«Impossibile. Tu sai sempre che ore sono.»

«Non oggi, Lea.»

Gli passai le dita sulla barba ispida. Era in disordine, spettinato, stanco. Ingiustamente affascinante lo stesso.

«Sappiamo almeno che giorno è?»

«Direi che da quando abbiamo compiuto il nostro ultimo omicidio sono passate una decina di ore, forse meno. Quindi è ancora quello stesso giorno.»

Sospirai, perché stavamo facendo tanta fatica entrambi a scrollarci di dosso gli avanzi del nostro ritorno in Italia. Era come se una volta scesi dall'aereo avessimo trovato il cartello "ultimo atto".

«Hai fame, mio re?»

«No, ma mangeremo lo stesso. Anche tu.»

«Dovremo vestirci e uscire, perché le uniche cose che abbiamo acquistato da quando siamo tornati sono robe che si indossano: nulla che vada in frigo, o nella pancia.»

Mi sorrise, e per un attimo pensai che fosse meno preoccupato di quello che avevo creduto. Per un attimo, appunto.

«Ho ordinato la colazione con una app. È già sul tavolo.»

«Non mi sono accorta di niente.»

«Dormivi profondamente. Nuda e magnifica. Questa cosa che te ne vai in giro vestita è assurda.»

Mi fece ridere, perché quell'uomo aveva la capacità di farlo anche mentre gli leggevo nello sguardo una paura che non gli avevo visto mai.

Mi alzai, e mi parve che la faccia non fosse poi quel minestrone di dolori che era la sera prima.

Mi toccai la guancia per capire se somigliava ancora a un melone maturo.

«Sei quasi sgonfia, miss» mi rassicurò, passandomi le dita sulla bocca. «Per i lividi serve ancora un pochino di pazienza, ma abbiamo prevenuto il peggio con il ghiaccio, stanotte.»

Mi ficcai addosso un paio di mutandine e la maglietta nera e sgualcita che mi aveva sfilato Trevor in bagno prima della mia performance orale.

I cornetti erano senza ripieno, ma ancora tiepidi e buoni.

Aprii le finestre solo quando sul tavolo rimasero le briciole. Fuori l'autunno si pavoneggiava in tutto il suo ingrato grigiore.

«Che giornata di merda» commentai. Da dietro sentii la barba farmi i dispetti sulla pelle sottile del collo, e le sue mani intrufolarsi sotto il cotone della maglietta per stuzzicarmi i capezzoli.

«Hai ragione, meglio se la trascorri sotto di me...»

Mi spinse contro il vetro; temetti non ci avrebbe retti entrambi.

«Signor Baker, di sotto ci stanno guardando...»

«Lascia che guardino, bambina. Posso gestire la loro più che giustificata invidia.»

Una mano scese, abbandonando il seno e per avvolgere la mia intimità al di sotto degli slip.

Il lamento che mi uscì dalla bocca fece appannare il vetro.

PRICELESSWhere stories live. Discover now