77 Domani è già arrivato

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⚠️⚠️Il capitolo contiene scene di violenza e descrizioni crude. Potrebbe urtare la sensibilità eccetera eccetera. Insomma avete capito. Se non volete leggerlo mi scrivete in privato e vi faccio un riassunto senza sangue ⚠️⚠️

Era un buio solido, ostile. Non trovavo l'uscita, avevo paura.

«Rossa.»

Non c'era una direzione da seguire, il suono veniva da... ovunque, e da nessuna parte.

«Rossa, coraggio.»

Ero troppo sommersa in quel nero incattivito, forse ne facevo parte. Forse lo avevo generato io.

«Ehi, niente scherzi, non adesso.»

Trovai la strada seguendo non la voce, non l' odore, ma seguendo il tocco. Sembra impossibile, ci credo, ma la strada me la indicò quello: un tocco, una mano fresca sulla guancia in fiamme, una carezza gentile, affettuosa, dopo colpi che mi avevano fatto tanto male.

Uscii dal pozzo di petrolio e profondità oscure, ritrovando il volto di Andrey sopra il mio, l'odore buono della vodka nel suo alito, un'altra coccola per i miei sensi martoriati.

Ma forse il mio corpo era rimasto in quel posto buio, perché sentivo solo il volto pulsare sotto la spinta di un calore infernale.

Andrey mi sorrise, a modo suo, vedendomi tornare. «Ok, ora ascoltami, Bella Addormentata. Ascoltami bene. Guarda il mio dito, lo vedi?»

Lo vedevo. Mossi la testa, scoprendo che avevo ancora un collo.

«Bene, seguilo con gli occhi, solo con gli occhi, ok?»

Sì, solo con gli occhi, perché non avrei potuto farlo con nient'altro. Destra sinistra sinistra destra.

Iniziavo a sentire altri suoni. Suoni strani. Sembravano maiali in calore. Ma sapevo di non essere in una fattoria. Al Sweety, ero al Sweety. E anche Andrey era al Sweety.

«Ok, Rossa. Adesso ti sollevo, ok? Ti faranno male le costole, devi sopportare, ma se ti fa male la schiena me lo devi dire, ok? Puoi urlare, oppure puoi mordermi, o darmi un pugno. Insomma, se ti fa male la schiena, fammelo capire come puoi e come vuoi. Chiaro?»

Era chiaro, ma non seppi dirglielo. Mi sollevò lo stesso. E le costole sembrarono volermi pugnalare da dentro, bucarmi la pelle e spuntare fuori portandosi dietro tutto quello che incontravano sul loro cammino. Urlai, anche se non era la schiena a farmi male, urlai perché non potei farne a meno, perché se prima non percepivo il corpo a quel punto percepivo solo le parti del corpo che erano state colpite, punite, trattate male.

Andrey non si fermò, non indugiò; come avesse capito che non era la schiena a strapparmi via tutta quella sofferenza non lo so. Forse era abituato, forse trasportava corpi in pessime condizioni con frequenza, e sapeva distinguere i lamenti, le implorazioni, la pietà.

Cercai di voltare la testa per cercare il mio re, vederlo mentre faceva precipitare la sua ira su quei maledetti mortali che avevano messo le mani sulla sua regina, ma una frustata incandescente mi attraversò il collo e il cranio. Mi venne quasi da vomitare.

Andrey mi portò nella black room, e anche se poco prima avevo avuto timore del nero che non mi lasciava andare, ne fui grata, perché i colori accesi delle altre stanze mi avrebbero ferito gli occhi. Mi appoggiò piano sulla morbida chaise longue.

«Vado a prendere qualcosa per darti una sistemata. Spero tu abbia roba utile nel bagno. Stai ferma, che se mi cadi mentre sono di là Trevor non mi paga lo stipendio, eh?»

Una timida e incerta risatina cercò una via d'uscita dalla mia bocca, ma un acuto dolore alle costole se la riprese indietro.

Andrey uscì dal mio campo visivo, e io mi concessi di chiudere gli occhi, perché mi faceva male anche lo sforzo di guardarmi intorno.

PRICELESSWhere stories live. Discover now