60 Non c'è differenza tra una danza e una guerra

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Qualcuno di voi potrebbe pensare che Trevor Baker sia un uomo con molti difetti, ma coerente. Ebbene, i difetti non gli mancano ma non è affatto coerente.

A dimostrazione di questa inappellabile verità, posso dirvi che dopo la doccia insistette fino allo sfinimento affinché mi asciugassi i capelli, ma i suoi restarono bagnati.

Non gli dissi nulla, però, dato che i ciuffi corvini che gocciolavano davanti agli occhi erano un richiamo dolce per le mie ovaie in astinenza.

Compiacere i più beceri istinti del mio criminale ben vestito mi appagava nel profondo, ma da lì a sostituire un orgasmo vero ne passava parecchio.

E mister Sterlina non pareva proprio intenzionato a prendere in considerazione le mie poco virtuose necessità. Sbuffai, disegnando una faccina triste sul vetro appannato, altro dolce richiamo cui non sapevo resistere. Mi voltai con una mano sul fianco e un dito puntato verso lo smile imbronciato. Probabilmente ero imbronciata anche io.

Sollevò un lato della sua bocca dispettosa e tra quel mezzo sorriso, i cappelli bagnati, il torace che sembrava uscito dalla voce "esempio di perfezione" non seppi più su cosa concentrarmi per non cadere inginocchiata ai suoi piedi e implorare una dannata penetrazione.

«Avrai la tua parte, bambina.»

«Quando?»

«Appena siamo pronti per cambiare suite.»

«Perchè non adesso?»

«Cristo Lea, saremo nell'altra stanza tra meno di dieci minuti. Fai la brava.»

Mi girai per scrivere un "no" accompagnato da tre punti esclamativi sul vetro che ormai si stava schiarendo.

«Questo è un capriccio, Lea.»

«Sì. Un tuo capriccio. Che ti cambia farlo qui e ora?»

«E a te cosa cambia farlo in un'altra stanza tra una manciata di minuti?»

Sbuffai di nuovo, con maggior enfasi. «Perchè in questa suite devi essere l'unico a eiaculare copiosamente dentro di me? Spiegamelo.»

Dal suo volto sparì anche il ricordo di quel mezzo sorriso. Si avvicinò e per una frazione di secondo ebbi l'istinto di nascondermi. Neanche quando mi aveva minacciata nella black room, avevo avuto davvero paura di lui. Perchè non faceva abbastanza sul serio, evidentemente.

«Cosa ti dovrei spiegare, Lea? Che mentre io mettevo piede a Londra tu ti facevi scopare da un altro? Che il mio perdono non corrisponde al mio disinteresse? Che il fatto che tu ti stia comportando come se non fosse mai accaduto non significa che io debba fare lo stesso? Cosa.vuoi.che.ti.spieghi? Ehh?»

Mi voltai per affidare la mia riposta al vapore, ma lo specchio mi tradì, mostrando solo il riflesso perfettamente limpido della mia faccia corrucciata e del suo sguardo incazzato. Mi prese per il gomito e mi fece girare.

«Stiamo litigando» constatai.

«No, stiamo parlando.»

«Di solito non mi parli con quel tono.»

«Di solito non vai a letto con un altro stronzo.»

«Infatti stiamo litigando.»

Evitare i conflitti era sempre stato il mio mantra. Mentire per evitarli, era il mio metodo più collaudato. Allora perché, dannazione, perché avevo confessato tutto e subito a Trevor?

La sua espressione si distese un po', mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Mi rilassai in una misura accettabile per la circostanza.

«Non stiamo litigando, bambina. Ma io non ho intenzione di regalarti un orgasmo in questa suite. Questa è la mia suite, quella della riscossione dei crediti.»

PRICELESSWhere stories live. Discover now