49 Quello che sono disposto a fare per te

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L'estate se n'era andata definitivamente, volata via insieme all'aereo di Trevor. Sentii freddo fin da subito, fin da quando lo vidi sparire dietro il portellone del velivolo, attraverso la vetrata della lounge.

Lo smartwatch d'acciaio rosa parve pulsarmi intorno al polso, quasi a ricordarmi che Trevor Baker era esistito davvero, esisteva ancora, e forse avrebbe continuato a esistere se non si fosse fatto ammazzare prima di mantenere la sua promessa.

Mi voltai prima ancora che il suo aereo iniziasse a muoversi, desiderosa solo di tornare a casa ad affogare la mia nostalgia con lo Champagne che non avevamo nemmeno aperto. Afferrai la bottiglia e mi persi tre volte prima di ritrovare il bar nel quale avevo lasciato Denis ad aspettarmi.

Puntò subito lo sguardo sulla bottiglia che stringevo in mano con disinvoltura, quasi fosse normale sfoggiarla come una borsetta.

«È il suo regalo d'addio?» mi chiese, con una punta di astio nella voce.

«Tornerà. E mi ha fatto altri regali. Non essere gelosa, zoccoletta del mio cuore: i tuoi pocket coffee restano imbattuti.»

Mi rivolse un sorriso accondiscendente, falso quanto l'allegria con cui avevo condito le mie frasi.

Il viaggio di ritorno fu silenzioso: Denis ebbe rispetto per il mio stato d'animo, e mi lasciò scegliere la musica da ascoltare dall'autoradio. Non mi fece domande, non mi chiese come stavo e non cercò di farmi sorridere: guidò fino a casa mia concedendomi tutta la privacy che era possibile offrire dentro un'auto occupata da due persone.

Parlò per la prima volta solo quando ebbe parcheggiato e spento il motore. Aveva guidato sia all'andata che al ritorno, ed ero consapevole di quanto poteva essere stanco, eppure mantenne un invidiabile brio nel rivolgermi la parola. «Va bene se resto da te? O ti vuoi scolare il nettare degli dei tutta sola?»

Volevo scolarmelo tutta sola. «Certo che va bene, ma ordiniamo a domicilio perché in casa l'unica cosa commestibile è il dentifricio.»

«Non avevo dubbi. Sushi?»

Non avevo voglia di niente. «Perfetto.»

Salimmo le scale mentre Denis ordinava per entrambi cibo che avrebbe mangiato solo lui.

Nell'aprire la porta di casa avvertii una nuova ondata di gelido cambiamento. Era come se Trevor Baker fosse partito anche da lì, come se ogni luogo fosse pregno della sua assenza. Inghiotii il mio disagio e andai in cucina per mettere al fresco lo Champagne. Poi, sul tavolo, le vidi: le mie due bottiglie di Martini, quelle che ero certa fossero in casa ma che non avevo trovato martedì notte. Tra le due, un biglietto scritto a mano. Mi misi quasi a correre per coprire i pochi passi che mi separavano dalle ultime parole scritte da Trevor. Abbandonai lo Champagne con i Martini e riconobbi subito la scrittura precisa e piacevole del mio criminale preferito.

Ciao bambina mia. Hai terminato il ciclo di antibiotici e ti restituisco i tuoi Martini. Cerca di farne un uso moderato, ok?

Ho fatto rimuovere le microcamere, ho bonificato tutti i locali in cui le avevo fatte installare. Hai la tua privacy. Non controllo più i tuoi device, né quelli di Denis. Sei libera.

Però voglio che tu sappia che libera non significa abbandonata: smetterò di spiarti, ma non di vegliare su di te.

Non devi preoccuparti di niente.

Torno presto.

Ti amo.

Da dentro mi nacque un nuovo calore che intimidì per un po' l'autunno.

PRICELESSDonde viven las historias. Descúbrelo ahora