66 La differenza tra stimolare e godere

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Lea non era la prima donna che ospitavo nella villa di mia proprietà, ma era la prima che restava tutta la notte.

Non sembrava intenzionata a dormire: dopo la doccia avevamo guardato un sacco di scemenze in tv, ma aveva opposto resistenza all'andare a letto anche quando era evidente che le palpebre le pesavano come macigni. Sapevamo entrambi di cosa aveva paura, ma a un certo punto dovetti proprio prendere in mano la situazione.

«Adesso andiamo a letto, punto e basta.»

Spensi la tv e la costrinsi ad alzarsi dal divano.

«Trevor...»

«Non succederà niente, ma se succederà non sarà un problema, Lea.»

«Posso dormire sul divano.»

«Neanche per sogno.»

Aveva il visino triste, in quel buio consolato solo dalla grigia luce delle stelle di Londra che attraversavano le mie vetrate con fatica.

Sbuffò, guardando le scale che portavano di sopra come un bambino che guarda l'ago di una siringa.

Le voltai il faccino prendendole il mento.

«Ascoltami, Adesso andiamo di sopra, sotto le coperte, al caldo, con il tuo pigiama nuovo coperto di batuffoli. Io ti stringerò così forte che mi chiederai di fare più piano, e ti sentirai così al sicuro, amore mio, che persino i sogni belli avranno paura di avvicinarsi. Figuriamoci se oserà farsi vivo qualche incubo.»

Mi si rifugiò addosso, Avrei voluto strapparle via ogni dubbio, ma la verità era che non potevo davvero essere certo di aver eliminato il suo problema notturno insieme a Danyl. Niente, però, poteva impedirmi di fingere di esserlo, per farla star meglio.

«E se sporco di nuovo il letto?»

«Ho un sacco di lenzuola pulite dentro agli armadi.»

«E se lo sporco più volte?»

«Lo cambieremo tutte le volte. Ma non ce ne sarà bisogno, Lea. Stai tranquilla.»

«Ma può succedere.»

«Può. Ma non succederà. Adesso andiamo di sopra.»

Andò in bagno prima di arrendersi all'idea che se avesse continuato così l'avrei portata a letto con la forza, e non per scoparla.

Mantenni la mia promessa, e la strinsi ben più forte del dovuto, ma volevo che si portasse la mia presenza nel mondo dei sogni.

Io non lo so quando trovai il modo di addormentarmi, ma durò poco. La sentii agitarsi, e tutti i miei sensi scattarono sull'attenti quasi con immediatezza. Non me ne fregava un cazzo di cambiare le lenzuola, ma non me la sarei fatta sfuggire di nuovo: se la crisi fosse arrivata devastante come la notte precedente, l'avrei legata piuttosto che lasciarle farsi di nuovo del male.

Ma mi resi conto che, ancora una volta, stava succedendo qualcosa di diverso. Lea non si stava agitando, si stava contorcendo.

Quando la guardai, trovandola sveglia, capii al volo e dovetti mordermi le guance per trattenere una risatina che di certo non le sarebbe stata d'aiuto.

Ma la piccoletta stava pagando i suoi stravizi, e io, modestamente, l'avevo pure avvertita.

«Lea, hai mal di pancia, vero?»

Mi mise il broncio. Per un attimo pensai che avrebbe negato l'evidenza. «Un pochino.»

«Posso dire che te l'avevo detto?»

«No che non puoi.»

Sorrisi, la feci appoggiare supina e mi alzai.

«Va beh, alla fine era destino che questa notte la si passasse sul divano.»

PRICELESSOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz