54 Effetto domino

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La noia. Era la prima volta che sperimentavo la noia. Tutta la mia vita era stata un'attesa; io sapevo aspettare, ma non mi ero annoiata mai. Per anni avevo cercato di replicare El Diablo. Poi avevo cercato di sbloccarlo. Poi avevo dovuto costruirmi una professione con un titolo di studio insufficiente. Poi il Sweety. E intanto preparavo tutto, studiavo il come, il dove, il quando e soprattutto il con chi.

Avevo dovuto modificare alcune cose in corso di progetto, ed è normale quando un progetto ricopre dieci anni di vita. Quindi sì, avevo atteso, ma anche agito, pianificato, costruito e rubato.

Avevo finito. Sentivo di aver finito. E Trevor, che avrebbe potuto mandare all'aria tutto quanto, non lo aveva fatto. Tante cose mi erano andate storte nella vita, ma una mi era andata bene, un piccolo miracolo in un deserto di sogni infranti: l'uomo che aveva strumenti e capacità per distruggermi, si era rivelato anche quello in grado di amarmi al di sopra di tutto.

Ma non era ancora il momento di cliccare su invio, con Trevor a Londra e suo padre sulle mie tracce. E i Volkov? Sapevo troppo poco di loro, ma se loro avessero saputo tutto di me?

Prima di innescare il mio effetto domino dovevo vedere come ne usciva Trevor e, se necessario, aiutarlo in qualche modo a sbarazzarsi di Sebastian e dei russi.

Perchè volevo Trevor con me. Per sempre. Quindi dovevo aspettare. Ancora. Senza poter far nulla. Dannazione. Che noia.

Sbuffavo da un paio d'ore davanti al terminale della Credit, fingendo di lavorare anche se in realtà sistemavo i portafogli di alcuni clienti in vista del mio effetto domino.

Alcuni meritavano la mia clemenza.

Il primario, ad esempio.

Le ragazze del Sweety.

Una coppia che aveva adottato due fratellini colombiani.

Pochi altri.

Faceva parte del progetto tutelare qualche organizzazione e una manciata di persone, ma era senza dubbio la parte meno interessante del piano.

Poi il cellulare di Trevor s'illuminò, e il mio umore con lui.

«Give me baby one more time.»

Il display si sbloccò e lessi il suo messaggio.

Ciao bambina. L'ha già trovata?

Aggrottai la fronte. Non capivo.

Buongiorno mister sterlina. Trovata cosa?

Non le hai trovate. Nessuna delle tre, evidentemente.

Mi presi qualche secondo per decifrare quei messaggi ma mi arresi.

E il mio oscuro sovrano pensa di condividere il suo segreto o mi ha scritto solo per farmi salire il nervoso?

Mi rispose con uno smile, prima di darmi qualche coordinata in più.

La prima è nel cassetto, Lea. Sei al lavoro da ore, davo per scontato tu andassi in cerca di una penna, prima o poi. Mi sbagliavo, piccola scansafatiche.

Aprii, e la vidi subito. Richiusi il cassetto in un nanosecondo, avvertendo il suo contenuto sbattere contro il legno di bassa qualità.

Avviai la chiamata e Trevor rispose prima che avessi il tempo di respirare.

«Te lo avevo detto, no? Ti avevo detto che non sarei partito senza lasciartele.»

Feci mente locale. Il primo giorno al poligono di tiro. Lo avevo preso a schiaffi sul marciapiedi, quella mattina.

"Questa è un'arma sportiva, e non può contenere più di venti colpi. Quelle che ti lascerò prima di partire per Londra ne conterranno di più."

PRICELESSWhere stories live. Discover now