Capitolo 5

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Victor

«Stai dicendo che quello che è apparso poco fa è il suo fantasma!? È assurdo, Jake, è uno scherzo! Voglio andare via da qui, non mi sento bene!» Affermo iniziando a respirare affannosamente, sto avendo un attacco di panico, mentre scatto in piedi.

«Dove stai andando? Victor, aspetta, lascia che ti spieghi!» Mi afferra per i polsi, e incrocio i suoi occhi verdi fissarmi con intensità.
«Non mi devi spiegare nulla, voglio solo andarmene lontano da te e dai tuoi strani riti!» Sbraito irritato, liberandomi dalla sua presa.
«No, non andartene, per favore, Victor, resta! Tu sei il mio migliore amico, io conosco il tuo segreto, ascoltami, per favore, ho bisogno che mi tolga un peso dal cuore. Ho assistito alla morte di quella ragazza, e purtroppo essendo nei guai con la giustizia non ho denunciato o segnalato l'assassino, il colpevole dell'omicidio è un agente di polizia!» Confessa con sguardo basso.
Spalanco gli occhi allibito il battito cardiaco accelerato. «Stai dicendo che l'assassino di quella ragazza è un poliziotto? Sei sicuro?» Biascico sconvolto serrando i pugni lungo i fianchi. 

«Sì, quella sera che ho assistito all'omicidio, sono riuscito a salvare un video sul mio telefonino, purtroppo per lo spavento di essere scoperto persi il cellulare con la prova che incastrasse l'assassino mentre scappavo...»
Allibito scuoto energicamente il capo, mentre vedo Jake con gli occhi lucidi osservarmi per poi abbassare tristemente lo sguardo alle sue scarpe. «Era una ragazza così bella, ci stavamo frequentando da poco, ma quel maledetto poliziotto l'ha uccisa!» Borbotta stizzito, fissandomi negli occhi con uno sguardo glaciale.

Senza più ascoltarlo esco dalla stanza e, scendendo di corsa le scale, lascio l'abitazione alle mie spalle scappando a perdifiato, raggiungo il parcheggio della stazione ferroviaria.

Voglio lasciare la città, ho paura che la polizia sia sulle mie tracce, non voglio andare in carcere.
Improvvisamente di fronte a me vedo sbucare due auto della polizia che si fermano a pochi metri.
Deglutisco un groppo in gola nel vedere Nathan e un altro ragazzo dai capelli neri e gli occhi cerulei scendere dalle vetture.

Il cuore inizia a battere all'impazzata, un rivolo di sudore freddo mi cola dalla fronte mentre vedo i due agenti avvicinarsi.
«Nathan, allora è tutto risolto bene, lo portiamo in caserma da sua madre», asserisce il moro con un sorriso mentre, Nathan, mi prende per un braccio e subito incontro i suoi occhi azzurri che mi scrutano indagatori.

«Tutto bene?» Mi chiede gentilmente, mentre mi accompagna alla sua auto.
Salgo a bordo al lato passeggero, vedo l'altro salire a bordo della sua e allontanarsi.
Nathan, accelerando, continua a guidare con lo sguardo dritto davanti a sé. Poco dopo ferma l'auto davanti alla caserma di polizia.

Apro lo sportello e scendo dalla vettura in sosta lo chiudo sbattendolo.
«Victor, anche se sei un teppistello, resti sempre un ragazzino che ha bisogno di essere protetto. Ti sei cacciato in qualche guaio, vero?» Chiede Nathan scendendo dalla vettura e fissandomi con quei suoi occhi magnetici.
Abbasso lo sguardo per evitare di incrociare quei pozzi come l'oceano.
«Victor! Tesoro stai bene, agenti grazie per avercelo riportato indietro sano e salvo, ero così preoccupata!» L'arrivo di mia madre interrompe la nostra conversazione.

In questo istante mi abbraccia forte a sé, ha le lacrime agli occhi e mi pento di averla fatta preoccupare.
Un poliziotto intanto sta conversando con il suo collega e noto in questo istante uno strano scambio di sguardi tra lui e mia madre. «Signora Ellen, mi ascolti: ci sono novità riguardo suo marito. È in coma», comunica il poliziotto dai capelli neri e occhi color nocciola.
A questa notizia non provo altro che una infinita felicità anche se non dovrei provare questo sentimento, vorrei che tutti sapessero chi è davvero il mio patrigno. Non è un santo, anzi è un uomo violento e omofobo.

Murderer SuspectWhere stories live. Discover now