Capitolo 55

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Matthew

Tramite il GPS del cellulare di mio fratello siamo riusciti a rintracciarlo, mai mi sarei immaginato di trovarlo lì seduto sul prato avvolto da una coperta bagnato fradicio.
So quanto Nathan fosse impulsivo e incline a seguire il proprio, incosciente, istinto; lo sapevo dannatamente bene! Si è gettato nel fiume nonostante le basse temperature dell'acqua rischiando di morire per ipotermia per salvare una ragazza!

Ho comprato del caffè espresso per lui al bar dell'ospedale.
Cammino con lunghe falcate attraverso il corridoio asettico, ignorando la gente intorno a me e trascinando con me Victor, che mi tiene per mano e cerca di calmarmi.

L'unica cosa che ho in testa, però, è il numero della camera verso cui sono diretto.
Un paio di minuti dopo, finalmente trovo la porta.
«Nathan Dennisov, è qui?» Domando brutalmente all'infermiera che mi trovo davanti.

«Sì, ma...»
Non la faccio finire di parlare, la supero ed entro nella stanza. Victor, mormora un veloce ' mi scusi' prima di seguirmi.
Mio fratello è steso sul letto, dorme profondamente.

Ha un aspetto indifeso, i capelli spettinati e quel filo di barba sul mento e sulle labbra rosee un dolce sorriso.
Il petto si alza e abbassa a intervalli ritmici, mugugna qualcosa nel sonno poi sbuffa russando. «Era proprio stanco!» Sussurra sottovoce Victor.
Nathan apre gli occhi e quegli occhi mi fanno quasi paura.
Sono arrossati e gonfi, segno evidente che abbia pianto e parecchio.

«Come sta la ragazza?» Chiedo porgendogli il bicchiere.
«Ha un principio di assideramento, ma i medici mi hanno rassicurato che starà bene... si riprenderà...» Risponde stancamente, stropicciandosi gli occhi, poi prende dalle mie mani il caffè. «Grazie» Farfuglia con sguardo basso.
Grazie al cielo, sospiro. «E tu come stai?»
Tra di noi cala una specie di gelo, e io non so come consolare mio fratello e lui si è chiuso nel silenzio più assoluto.

Passano alcuni minuti, poi Nathan inizia a sorseggiare il caffè e a me sembra che cominci a riacquistare un po' di lucidità. «Avete preso il colpevole?» Chiede finalmente.

«No, purtroppo ci è sfuggito, abbiamo perlustrato tutta la zona e il buio non ci ha certo aiutati.»

Mi blocco a pochi passi dal letto dove si trova il castano, stupefatto - e ancora di più innervosito - dal sorriso sulle sue labbra.

«Smettila di guardarmi in quel modo!» Lo interrompo, furiosamente. «Razza di stupido testone!» Sbraito.

«Ma, Matthew, non capisco perché sei così agitato, calmati, e in che modo ti guardo scusa?» Farfuglia guardandomi con sguardo da cucciolo bastonato.

«Niente 'ma', Nathan. Non mi calmo! So che dovevamo parlare, ma data la tua bravata di poco fa, direi che non c'è nulla di cui parlare!»
Dopo quella sfuriata, comincio a camminare su e giù per la stanza, incapace di stare fermo e controllare la mia agitazione.
Victor si siede sul bordo del letto. «Matthew, è stato un po' troppo veemente, ma non ha torto. Ci hai fatto preoccupare; quando ti abbiamo visto bagnato fradicio che tremavi come una foglia, eravamo molto spaventati!» Dice, prendendogli delicatamente la mano con le sue. «Non ti si può lasciare un paio d'ore da solo, che finisci nel fiume!» Ride, oramai sollevato dal vederlo in buona salute.

«Non volevo farvi preoccupare, davvero io...» Risponde Nathan.
«Ci mancava solo che l'avessi fatto apposta!», Sbuffo, spazientito. «È tutto a posto, l'importante è che stai bene», rassicuro, in un ovvio tentativo di convincere me per primo.
Nathan sposta lo sguardo da Victor a me, incredulo. «Ehi, Matthew, quanto dovrò restare qui?» Chiede con uno sguardo triste che mi fa male.

«Non lo so», rispondo facendo spallucce. «Penso che dovresti concederti una vacanza, sei stressato, hai bisogno di staccare un po' la spina ricaricare le "batterie", o rischi di incorrere al burnout, o peggio del disturbo post-traumatico da stress, credo che dopo tutto ciò che è successo e che stai affrontando, una seduta dallo psicologo non ti farebbe male, anzi... potrebbe aiutar...»

Murderer SuspectWhere stories live. Discover now