46 - Il gentile

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Esco dal supermercato con una busta piena di snack.

La cassiera, mentre passava le cose in cassa, mi guardava strano.

Chissà che avrà pensato, con tutti gli snack calorici che ho preso...

Fortuna che questo minimarket è qui nelle vicinanze.

Penso l'abbiano costruito apposta per noi del campus, anche perché, chi ci verrebbe a comprare qui, in un posto deserto, se non chi viaggia o chi vive nei dintorni.

<Ti aiuto.> Sento qualcuno al mio fianco.

Volto lo sguardo, è Nash quello che sta facendo il gentile?

<Grazie.> Gli passo la busta.

Quella felpa l'ho già vista da qualche parte.

<Come mai sola?> Mi domanda mentre ci dirigiamo verso il campus, lontano giusto quindici minuti a piedi.

L'avevo detto che era vicino.

Faccio spallucce <Mi andava di stare sola.>

<Strano, di solito non stai mai sola quando esci. Dici che ti viene l'ansia.>

<Come fai a saperlo, scusa?> Domando confusa.

Insomma, siamo solo da qualche giorno che ci parliamo... non è che Austin gli sta parlando di me? No perché chissà cosa potrebbe scoprire in questo modo.

<L'ho sentito da Austin prima, mentre pensava a voce alta come al solito. Non lo sopporto quando lo fa.> Sbuffa.

<Io invece lo trovo divertente, almeno capisco cosa passa per la testa a quello scemo.> Ridacchio.

Lui sorride. <Vero, ma dopo un po' rompe.>

Faccio spallucce. <A me non dà fastidio.>

Sospira. <Quanto vorrei avere almeno un po' del tuo carattere. Sono così sbagliato.>

<Perché dici così?>

<Lo sai.> Mi guarda.

<Beh, ma sei cambiato, no?>

Scuote la testa tornando a guardare davanti a se. <Ho...> Sbuffa. <Prima promettimi che non tornerai ad odiarmi.>

<Va bene.>

<Ho chiamato Austin "ananas" come quando eravamo piccoli. Io... io non volevo, davvero, non so perché l'ho detto. Forse perché ero incazzato o... non lo so.>

<Davvero Nash? Perché eri incazzato?> Domando irritata.

So come si sentiva Austin ad essere chiamato così e chissà come si sarà sentito poco fa.

<Grace... quando io sono incazzato non ragiono. Dico cose che non vorrei dire e sbaglio così tante volte. Jason lo sa bene, chiedilo a lui se non mi credi.>

Sembra davvero pentito.

<Ok, ti credo, ma dovresti spiegarti ad Austin e dirgli scusa. Fare di tutto per farti perdonare. Era felice di essere tuo amico.>

Sorride. <E io di essere il suo. Non pensavo potesse essere così simpatico. Insomma, credevo fosse un damerino, senza spina dorsale, un noioso nerd...>

<Ok, ok, ho capito.>

<Scusa.> Guarda a terra.

E io sorrido mentalmente.

Sono felice di vedere quanto sia cambiato in così poco tempo... davvero.

Arriviamo all'entrata de campus, finalmente.

<Grace!> Qualcuno corre verso la nostra direzione.

Nash si mette dritto. <Ma che cazzo.> Borbotta.

Mi volto verso la direzione da dove ho sentito urlare il mio nome.

<Ehi, ti ho trovata.> Dice Rod guardando me e poi Nash. <Eri con lui?> Domanda con disprezzo.

<Si, l'ho incontrato quando sono uscita dal minimarket e si è offerto di accompagnarmi in dormitorio.> Spiego sorridendo.

Ora che ci penso, cosa ci faceva Nash in quella zona?

<Ok... ehm... ti va di farci un giro?>

<Non posso, devo fare i compiti e studiare per le due verifiche di domani.>

<Ah ok, ti aiuterei se solo fossi bravo nelle materie teoriche quanto nel football.>

Mi metto a ridere e stessa cosa fa lui.

<Allora ci vediamo a pranzo e magari agli allenamenti.> Mi fa l'occhiolino e se ne va.

Sta davvero facendo come se non fosse successo nulla.

Ma come diamine fa?

Sospiro ed entro nel dormitorio seguita da Nash.

<Perché fingi con lui?> Domanda Nash.

<Stavo cercando di far finta che non fosse successa una cosa...> Mi blocco prima di parlare troppo.

Se devo far finta che non sia successo nulla, devo innanzitutto dirlo a chi mi fido veramente, come Callie ed Emily.

Con Austin e Jason ne parlerò più approfonditamente, dato che di loro mi fido ciecamente e anche perché mi devo pur sfogare con qualcuno, e chi se non i miei due migliori amici/fratelli?

<Si, immagino.>

Perché ora sembra che ce l'abbia con me?

Saliamo di sopra sino ad arrivare davanti alla mia stanza.

Apro la porta e lo faccio entrare.

Poggia la busta sul mio letto e domanda: <Com'è che non ci sono le tue amichette?>

<Saranno a fare qualcosa in giro, che ne so.>

<Bah, comunque ora devo andare.> Apre la porta, esce e se ne va.

Ma che gli prende?

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My BoyWhere stories live. Discover now