Caterina Sforza, donna d'arme e di politica

737 88 34
                                    

Con questo capitolo inauguro la rubrica delle "donne guerriere".
Si può essere guerriera in molti modi, e non mi concentrerò solo sulle donne famose per le loro doti belliche.



Questa sottosezione nasce non solo in risposta alle fanfiction in cui la Hope di turno può solo sperare di essere salvata dal cattivo ragazzo (che solitamente l'ha fatta finire nei guai) ma anche per smontare discorsi e ragionamenti a cui ho potuto assistere di persona, quali "una donna non potrà mai lottare alla pari con un uomo, sarebbe come se un gatto picchiasse un cane. Non chiediamo al gatto di fare la tigre, solo perseguendo la propria natura si possono ottenere dei risultati".




Da persone del genere ho anche letto commenti ancora più assurdi, stiamo parlando di gente che direbbe seriamente che Perseo, Hercules o Superman sono figure verosimili, mentre le amazzoni o Supergirl sarebbero ridicole e patetiche.
E no, non è un'iperbole, dicevano davvero cose del genere.

Cominciamo!

Nota: in molti casi estrarrò il testo da Wikipedia, se fosse contrario al regolamento siete pregati di avvisarmi subito, grazie!


Da Wikipedia:


Caterina Sforza (Milano, 1463 – Firenze, 28 maggio 1509) fu signora di Imola e contessa di Forlì, prima con il marito Girolamo Riario, poi come reggente del figlio primogenito Ottaviano.

Figlia naturale di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, e di Lucrezia Landriani, moglie del cortigiano Gian Piero Landriani, crebbe nella raffinata corte di Milano, che nel XV secolo era ammirata da tutta l'Europa. Si distinse fin da giovane per le azioni coraggiose e temerarie che mise in atto per salvaguardare da chiunque i propri titoli ed onori, così come i propri possedimenti, quando i suoi Stati vennero coinvolti negli antagonismi politici.

Nella vita privata si dedicò a svariate attività, fra le quali primeggiarono gli "experimenti" di alchimia e la caccia. Negli affetti familiari fu un'attenta e amorevole educatrice per i suoi numerosi figli, dei quali solo l'ultimo, il famoso capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere (nato Ludovico), ereditò dalla madre la passione per le armi e per il comando. Fu piegata, dopo un'eroica resistenza, dalla furia conquistatrice dei Borgia. Imprigionata a Roma, dopo aver riacquistato la libertà, condusse una vita ritirata a Firenze. Negli ultimi anni della sua vita confidò a un frate: «Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo».

(...)

Ritornata immediatamente a Forlì per occuparsi della difesa dei suoi Stati, Caterina si tenne occupata nel dirigere le manovre militari, concernenti l'approvvigionamento dei soldati, delle armi e dei cavalli. L'addestramento delle milizie veniva eseguito dalla Contessa in persona che, per reperire denaro e truppe aggiuntive, non si stancava di scrivere allo zio Ludovico, alla Repubblica di Firenze e agli Stati alleati confinanti. Solo il Duca di Milano e quello di Mantova inviarono un piccolo contingente di soldati.

Dopo un primo attacco dell'esercito di Venezia, che inflisse gravi distruzioni nei territori occupati, l'esercito di Caterina riuscì ad avere la meglio sui veneziani, tra i quali militavano anche Antonio Ordelaffi e Taddeo Manfredi, discendenti delle casate che avevano governato rispettivamente Forlì e Imola prima dei Riario. Dopo di che la guerra continuò con delle piccole battaglie fino a quando i veneziani riuscirono ad aggirare Forlì per raggiungere Firenze da un'altra via.

Da questo momento in molte cronache relative alle terre romagnole, Caterina viene spesso nominata con l'appellativo di "Tygre". 

Analisi, pensieri, notizie e tanto altro - Demoni di EFPWhere stories live. Discover now